ESEMPI DI GENEALOGIA DISINVOLTA
Nel Tempo del copia e incolla, si assiste ad un proliferare di "scrittori" e liberi ricercatori ... si definiscono perseguitati, da chi ? Noto che pubblicano qualsiasi tesi gli frulli per la mente. Di per sé non sarebbe un difetto, ma succede che i libri si moltiplicano, correggendo di volta in volta indagini non sufficientemente approfondite. L'aspetto + inquietante è che, per tenere in piedi le loro teorie, finiscono coll'utilizzo di fonti a loro gradite, scartando il resto. Lo storiografo dovrebbe sforzarsi di mantenere una posizione di equilibrio. Capisco che abbiamo alle spalle millenni di storia appesantita da migliaia di interpretazioni di parte. Un vero labirinto che finisce col rimescolare il punto di arrivo.
Secondo le fonti Catare al suo arrivo in Francia
Maria Maddalena stava aspettando il Terzo Figlio,
Giuseppe (detto il Rama-Theo),
che farà proseguire la Dinastia, ma di questo
non abbiamo notizie certe. Attraverso l'interpretazione filologica delle fonti
testamentarie possiamo invece definire una vita di Gesù
diversa da quella proposta dalla Chiesa Romana.
Il problema che ci si pone, prima di cercare suggestive ipotesi dinastiche,
è comprenderne il motivo. La diffusione dei Vangeli, così come
li conosciamo, avvenne dopo la legittimazione del Cristianesimo
in Occidente, nel 313 d.C, con l'Editto
di Milano. Il Primo Vescovo, nominato da
Costantino nel 314
fu Silvestro, che fu incoronato durante una ricca
cerimonia. In questo modo i cristiani avrebbero potuto sopravvivere ma in realtà
Silvestro aveva accettato che il Cristianesimo rappresentasse le tradizioni
pagane del Culto del Sole insieme ad altri insegnamenti
di origine Siriana e Persiana
che erano presenti a Roma. La Nuova
Chiesa Romana fu così costruita per soddisfare tutte le fazioni
influenti. Ma all'interno del Cristianesimo non
vi era una linea unitaria: c'erano gli Gnostici,
che insistevano che la materia era corrotta, i Manicheisti,
che insegnavano che il materialismo era una malvagia invasione dello spirito
sacro, i seguaci della tradizione Nazarena, i quali
sostenevano la causa originaria di Gesù piuttosto che gli insegnamenti
di Paolo (Gesù come potente signore celeste da venerare piuttosto che
Messia portatore di un cambiamento per la società). I Nazarei,
Cristiani Giudaici, controllavano molte chiese
del Medio Oriente. Inoltre erano guidati dai famosi discendenti in linea
di sangue dalla Famiglia
di Gesù, i Desposyni
(eredi del Signore). Nel 318 d.C una delegazione
di Desposyni sbarcò a Ostia
e da lì proseguirono fino a Roma, dove,
nel Palazzo Lateranense appena costruito, gli uomini
furono ricevuti in udienza dal vescovo Silvestro.
I Desposyni affermarono con forza che la Chiesa
doveva legittimamente avere il proprio centro a Gerusalemme
e non a Roma, sostennero che il Vescovo di Gerusalemme
doveva essere un vero Desposynos Ereditario.
Le loro richieste caddero nel vuoto: per loro non c'era posto e gli insegnamenti
di Gesù erano stati sostituiti da una dottrina che era stata modificata
in modo da essere più consona alle esigenze imperiali. Costantino
inoltre al Concilio di Nicea del 325, speculò
sui Cristiani Paolini che attendevano prima o poi
un secondo avvento del loro Messia, dopo aver fallito precedentemente (Gesù)
nel rovesciare il dominio romano. Costantino approfittò di questo fallimento
per diffondere l'idea che Gesù non era l'atteso Messia come si era creduto
ma dato che era stato lui a dare la libertà ai cristiani all'interno
dell'Impero, il vero salvatore era stato lui. Gesù e Dio dovevano così
fondersi in una sola entità in modo che il Figlio fosse identificato
con il Padre. Al Concilio di Nicea accadde quindi
che Dio fosse formalmente definito Uno e Trino:
una Divinità comprendente Tre parti coeguali
e coeterne, Padre, Figlio e Spirito Santo. C'erano comunque alcuni vescovi che
si opponevano a questo nuovo dogma. Molti delegati al Concilio erano teologi
della vecchia scuola i quali sostenevano che Gesù era il Figlio e inoltre
che il Figlio era stato fatto carne da Dio, ma non era Dio egli stesso. Il principale
portavoce di questa fazione era un anziano prete libico di Alessandria,
chiamato Ario. Seguaci di Ario (ariani) che in
seguito saranno banditi. E fu così che designando Dio come il Padre e
il Figlio, Gesù venne opportunamente messo da parte come una figura di
nessuna importanza pratica. Adesso spettava invece all'imperatore essere considerato
il dio messianico. Ora c'erano soltanto due oggetti ufficiali di culto: la santa
Trinità di Dio e l'Imperatore: il neo designato salvatore del mondo.
Chiunque contestasse, in qualsiasi modo, veniva subito dichiarato Eretico.
Nel 391 d.C il nuovo imperatore Teodosio bandì
tutte le forme di religione e ogni genere di rito religioso che non fosse quello
della Chiesa Romana, pena la morte. Proibì in particolare i raduni di
gruppi cristiani non ortodossi. Durante tutto questo tempo, tuttavia, la tradizione
nazarena in Medio Oriente venne mantenuta. Di fatto i Nazarei
erano i più puri fra i veri cristiani. Il loro approccio alla Trinità
era semplice: Dio era Dio, Gesù
era un uomo: un Messia Umano erede della
Stirpe Davidica, e non potevano credere che Maria,
madre di Gesù, fosse fisicamente vergine. Nestorio,
patriarca di Costantinopoli dal 428, d'accordo con i Nazarei,
sostenne che era chiaro che Gesù era un uomo, nato in modo assolutamente
normale da un padre e da una madre. Di conseguenza l'idea Nazarena/Nestoriana
che Maria fosse una donna come le altre fu condannata
dal Concilio di Efeso nel 431 ed ella fu poi venerata
come mediatrice (o interceditrice) fra Dio e i mortali. Lo stesso atteggiamento
della prima Chiesa Romana verso le donne lasciava riflettere. Quinto Tertulliano
sosteneva la regola per cui: "non è permesso a una Donna
di parlare in chiesa, né le è permesso di battezzare, né
di offrire l'Eucarestia, né di rivendicare per sé una parte in
qualsiasi funzione maschile, meno che mai nell'ufficio sacerdotale". Tertulliano
stesso seguiva semplicemente le opinioni espresse dai capi della Chiesa prima
di lui, in particolare Pietro e Paolo. Nel Trattato Copto
"Pistis Sophia" (La Saggezza della Fede)
Pietro protesta contro la predicazione di Maria
Maddalena e chiede a Gesù di farla tacere, di impedire di minare
la sua supremazia. Gesù invece rimprovera Pietro e Maria più tardi
confessa: "Pietro mi fa esitare. Ho paura di lui perché odia la
razza femminile". Al che Gesù replica:
"Chiunque sia ispirato dallo Spirito, deve parlare per decreto divino,
sia esso uomo o donna". Opponendosi alla presenza di Maria fra i discepoli,
Simon Pietro nel Vangelo Apocrifo di Tommaso disse
loro: "Che Maria (Maddalena) se ne vada, giacché le donne non sono
degne di vivere". Nel Vangelo Apocrifo di Filippo,
Maria Maddalena è considerata il simbolo
della Saggezza Divina. Tutti questi testi vennero
tuttavia censurati ed eliminati dai Vescovi di Roma perché minavano il
predominio del sacerdozio solo maschile. Invece fu dato grande risalto all'insegnamento
di Paolo nel Nuovo Testamento: "La donna impari
con silenzio, in ogni soggezione. Ma io non permetto alla donna d'insegnare,
né d'usare autorità sopra il marito, ma ordino che stia in silenzio"
(Timoteo 2:11-12) . Le Donne dovevano quindi essere escluse a tutti i costi.
Altrimenti continuando così la presenza della Maddalena
avrebbe finito col prevalere: come Moglie di Gesù,
non soltanto era la Regina Messianica, ma anche
la Madre dei Veri Eredi. Per secoli dopo la sua morte, il retaggio di Maria
rimase la più grave minaccia per la Chiesa che aveva deciso in favore
della successione apostolica (attraverso i Pontefici) rispetto alla discendenza
messianica (attraverso la Casa di Gesù). L'ipotesi più credibile
che a diffondere la novella dei figli di Gesù siano stati i movimenti
ritenuti Eretici, come i Catari e i Templari.
Entrambi sostenevano che Gesù non era morto sulla croce e non riconoscevano
l'autorità temporale della Chiesa di Roma e cercarono, in diversi modi,
di affermarsi in Francia come nuova guida spirituale
a discapito della Chiesa Cattolica.
MARIA MADDALENA - Dalla 'Rivelazione' il viaggio che porterebbe Maddalena in
Francia, a Ratis, in Provenza.
Qui di seguito è riportata la teoria sulla vita di
Maria Maddalena. Ma il condizionale è d'obbligo. Tutti i testi che sostengono
il legame tra Gesù e Maddalena
si basano sul Vangelo Apocrifo (non autentico)
di Filippo, ritrovato nel 1947
a Qumran, e non riconosciuto dalla Chiesa di Roma.
Maria Maddalena sarebbe morta nel 63 d.C, all'età
di 60 anni, in quella che oggi è St.Baume,
nella Francia meridionale. Maria non era semplicemente un nome ma un titolo
di distinzione, essendo una variazione di Miriam (il nome della sorella di Mosè
e Aronne). Le Miriam (Marie) partecipano a un ministero
formale all'interno di ordini spirituali (Come nei Terapeuti Egiziani le Marie
affiancano i Mosè). Mentre i "Mosè"
guidavano gli uomini nelle cerimonie liturgiche, le "Miriam"
facevano altrettanto con le donne. Maria Maddalena
viene dapprima descritta nel Nuovo Testamento come una Donna "dalla quale
erano usciti Sette Demoni" (Luca 8:2) e più
avanti lo stesso Vangelo dice che era una peccatrice. Ma, oltre a ciò,
viene ritratta in tutti i Vangeli come una leale Compagna Preferita da Gesù.
Prima del matrimonio, le Marie erano soggette all'autorità
del Capo degli Scribi,
che al tempo di Maddalena, era Giuda Sicariota.
Il Capo degli Scribi era anche il Demone
Sacerdote "Numero 7", e i Sette
"Sacerdoti Demoni" costituivano un gruppo
formale di opposizione ai sacerdoti che rappresentavano le "Sette
Luci della Menorah". Questi Sacerdoti
avevano il compito di Sorvegliare le Donne Nubili
della Comunità. Dopo il matrimonio
Maddalena non fu più sottoposta a tale sorveglianza. Quindi "i
Sette Demoni uscirono da Lei" e le fu consentito di avere rapporti
sessuali secondo le regole spiegate prima. Come accennato, il suo non era un
matrimonio qualunque e Maria fu soggetta a lunghi
periodi di separazione dal marito: periodi durante il quale non veniva considerata
una Moglie, ma una "Sorella"
(in senso religioso). Nella società le sorelle avevano lo stesso rango
loro assegnato nella comunità ed erano considerate vedove (donne menomate),
un gradino sotto quello di "almah". Così un almah (vergine)
si sposava e saliva al rango di madre, ma durante i periodi di separazione coniugale
veniva retrocessa a un rango inferiore a quello originario di donna nubile.
Il Padre di Maddalena
era il Capo dei Sacerdoti (subordinato al sommo
sacerdote) Siro il "Giairo".
Il sacerdote Giairo officiava nella grande Sinagoga Marmorea a
Cafarnao e la sua carica era Ereditaria,
riservata esclusivamente ai discendenti di Giair (Numeri 32:41). Nel Nuovo Testamento
Maddalena viene menzionata per la prima volta quando i Vangeli raccontano la
storia della sua resurrezione come figlia di Giairo nel 17 d.C. Essere "resuscitata"
(simbolicamente dalle tenebre eterne) si riferiva alla promozione ad un rango
più elevato all'interno della "Via". Per Maddalena si trattava
di una iniziazione spirituale: se le prime "Resurrezioni"
per i Ragazzi avvenivano all'età di 12
anni per le Ragazze avveniva a 14.
Maria Maddalena sposò dunque Gesù all'età di 27 anni (nel
30 d.C), rimase incinta nel dicembre del 32 d.C
e l'anno seguente diede alla luce Tamar. Nel 37
d.C. diede alla luce Gesù il Giovane e nel
44 d.C, quando aveva 41 anni, nacque il suo secondogenito
Giuseppe. A quel tempo Maddalena era a Marsiglia,
in Francia. Il suo esilio venne raccontato da Giovanni,
nella "Rivelazione" (12:1-17), in cui
descrive Maria e suo figlio e narra della sua persecuzione, della sua fuga e
della caccia al resto del suo seme (i suoi discendenti) condotta senza tregua
dai Romani. Oltre a Maria Maddalena, fra gli emigrati
in Gallia nel 44 d.C, c'erano Marta e la sua serva
Marcella. C'erano anche l'apostolo Filippo, Maria Iacopa (moglie di Cleofa)
e Maria Salomè (Elena). Il luogo dove sbarcarono in Provenza era Ratis,
divenuto poi noto come Les Saintes Maries de la Mer. Tra le fonti scritte sulla
vita di Maria Maddalena in Francia troviamo "La vita di Maria Maddalena",
di Raban Maar (776-856), arcivescovo di Magonza (Mainz) e abate di Fuld. Una
copia del manoscritto fu scoperta all'Università di Oxford all'inizio
del 1400 e ispirò a William di Waynflete
l'idea di fondare il Magdalen College nel 1448. "Sainte Marie Madelaine",
del frate domenicano Père Lacordaire è un'opera particolarmente
istruttiva, al pari de "La légende de Sainte
Marie Madelaine" di Iacopo da Varazze,
arcivescovo di Genova (n.1228). Il Culto più attivo della Maddalena
s'insediò infine a Rennes-le-Chateau, nella
regione della Linguadoca. Ma anche altrove, in Francia, sorsero molti santuari
dedicati a S.te Marie de Madelaine, fra cui il luogo della Sepoltura
a Saint Maximin-la-Sainte Baume, dove i monaci
dell'ordine di San Cassiano vegliarono sul suo sepolcro e tomba in alabastro
dall'inizio del 400. Un'altra importante sede del culto della Maddalena fu Gellone,
dove l'Accademia di Studi Giudaici fiorì durante il IX secolo. La chiesa
a Rennes-le-Chateau fu consacrata a Maddalena
nel 1059 e nel 1096, l'anno della Prima Crociata,
ebbe inizio la costruzione della grande Basilica di Santa
Maria Maddalena a Vézelay. Fu qui
che nel 1146 l'abate cistercense Bernardo di Chiaravallle predicò la
Seconda Crociata al re Luigi VII, alla regina
Eleonora, ai loro cavalieri e ad una congregazione di 100.000 persone.
Nel redigere la Costituzione dell'Ordine dei Cavalieri Templari nel 1128,
San Bernardo menzionò specificatamente il
dovere di "obbedienza a Betania, il Castello
di Maria e Marta".
E' quindi molto probabile che le grandi cattedrali di "Notre
Dame" in Europa, tutte sorte per volere
dei Cistercensi e dei Templari,
fossero in realtà dedicate a Maria Maddalena.
Ma finalmente dall'attenta lettura sempre per opera di Iacopo
da Varazze della famosa "Legenda Aurea",
uno dei primi libri stampati a Westminster da William
Caxton nel 1483, emerge la Verità.
Il libro è una raccolta di cronache ecclesiastiche che narrano dettagliatamente
le vite di alcune figure di Santi. Molto venerata, l'opera veniva letta in pubblico
regolarmente (spesso tutti i giorni) nei monasteri e nelle chiese medievali
dell'Europa continentale. Ma leggiamo insieme i brani che raccontano la Vita
di Maria Maddalena: "Maria nacque da una famiglia
nobilissima che discendeva dalla stirpe regale; il padre si chiamava
Siro e la madre Eucaria. Insieme al fratello
Lazzaro e alla sorella Marta
possedeva Magdala, che si trova vicino a Genezareth,
Betania, vicino a Gerusalemme e una gran parte
di quest'ultima città. Quando i fratelli si divisero fra di loro tali
beni, Maria ebbe in sorte Magadala,
donde prende il nome di Maddalena, Lazzaro
ebbe una parte di Gerusalemme e Marta
Betania. Maddalena era dunque ricchissima,
quanto ricca altrettanto bella e non rifiutava al proprio corpo alcun piacere
tanto che era da tutti chiamata la peccatrice. Cristo
in quel tempo stava predicando lì vicino, ed essa, per divina ispirazione,
si recò nella casa di Simon lebbroso dove
Cristo si era fermato; Ma non osando, la peccatrice,
mostrarsi nel contesto dei giusti rimase in disparte; lavò, con le sue
lacrime i piedi di Gesù, li asciugò con i capelli e accuratamente
li unse con l'unguento prezioso. Pensava frattanto il fariseo Simeone: 'Come
può permettere un profeta di essere toccato da una peccatrice?'. Ma il
Signore ne riprovò l'orgogliosa giustizia rimettendo alla donna ogni
peccato. Costei è infatti quella Maria Maddalena
a cui il Signore accordò ogni favore ed ogni senso di benevolenza: scacciò
dal suo corpo sette demoni, l'accolse nella sua amicizia, si degnò di
essere suo ospite ed in ogni occasione le fu difensore". Da un brano seguente:
"quattordici anni dopo la passione del Signore, quando
Stefano era stato già martirizzato e gli altri discepoli scacciati
dalla Giudea, i seguaci di Cristo si separarono per le diverse regioni della
Terra per diffondere la parola di Dio. Tra i Settantadue
Discepoli c'era il beato Massimino a cui
fu affidata da S.Pietro Maria
Maddalena, Lazzaro, Marta,
Marcella (la domestica di Marta) e il beato Celidoneo
cieco dalla nascita e risanato da Cristo e molti altri cristiani furono posti
dagli infedeli su di una nave e spinti in mare senza nocchiero perché
vi perissero; ma per volere divino giunsero a Marsiglia
dove non vi fu alcuno che li volesse ricevere nelle proprie case, cosicché
dovettero ripararsi sotto il porticato di un tempio." Nel lungo brano successivo
Maria Maddalena dopo aver visto entrare la gente
del posto in un Tempio per sacrificare agli Idoli, iniziò a predicare
la parola di Cristo. In tanti rimasero ammirati dalla sua eloquenza fino a quando
arrivò il principe di quella provincia insieme alla moglie ad implorare
dagli Dei la grazia di Dio. Qualche giorno dopo Maria
Maddalena apparve in sogno alla moglie del principe e le disse: 'Voi
possedete molte ricchezze ma lasciate che i santi di Dio muoiano di freddo e
di fame'. Dopo il terzo sogno la donna decisamente impaurita decise assieme
al marito di seguire il consiglio di Maria. Il
Principe ospitò i Cristiani e dette loro il necessario per vivere. Un
giorno il principe le chiese: 'Credi di poter difendere la fede che vai predicando?'
E quella: 'Sono pronta a difendere la fede ogni giorno rafforzata dalla testimonianza
dei miracoli e della predicazione di Pietro, Vescovo
di Roma'. Disse allora il Principe assieme alla Moglie: 'Ecco noi siamo
pronti a prestar fede alle tue parole se ci impetrerai
un figlio da Dio che adori'. Allora la beata Maria
Maddalena pregò Iddio per loro e la sua preghiera fu ascoltata
perché la donna si trovò ben presto incinta. Allora il
Principe decise di recarsi da Pietro per
sapere da lui se era vero quanto Maddalena aveva
detto di Cristo. Nel viaggio però la donna
partorì per morire subito dopo nel bel mezzo di una tempesta. Il principe
riuscì a terminare il viaggio e arrivò a Roma dove rimase due
anni, istruito nella fede da San Pietro. Al ritorno via mare giunse vicino al
colle dove aveva deposto il corpo della moglie e lasciato il figlio nato, che
nel frattempo fu mantenuto in vita dalla Maddalena.
E rivolgendosi a lei il principe le chiese il miracolo di restituire la vita
alla moglie. La donna si svegliò e disse: "grandi sono i tuoi meriti
beata e gloriosa Maria che mi hai aiutato nel parto e dopo, in ogni mia necessità".
Poco dopo il principe salì sulla nave con la moglie e il figlio per approdare
a Marsiglia. Appena arrivati trovarono la Maddalena che predicava con gli altri
apostoli. A quel punto le si avvicinarono ai piedi in lacrime, le raccontarono
l'accaduto e ricevettero il sacro battesimo. Abbatterono poi tutti i templi
dedicati agli idoli situati a Marsiglia ed eressero
chiese al signore e Lazzaro divenne vescovo di
quelle città. Dopo poco la Maddalena e gli
altri discepoli si recarono ad Aix in Provence
dove con molti miracoli convertirono il popolo alla fede di Cristo
e il beato Massimino fu ordinato Vescovo. Frattanto
la beata Maddalena, desiderosa di dedicarsi alla
contemplazione delle cose celesti si recò nel deserto e vi rimase per
Trent'anni. Verso la fine, Jacopo
di Varagine racconta: 'Al tempo di Carlo Magno, nell'anno 745, Giravolo,
Duca di Borgogna, non riuscendo ad avere figli, donava gran parte dei suoi averi
ai poveri e costruiva chiese e monasteri. Quando ebbe costruito il monastero
di Vezelay, l'abate di questo convento su richiesta del Duca, mandò
un monaco con una scorta alla città di Aix en Provence,
per vedere se poteva portare via i resti di Maria Maddalena.
Quando giunse nella predetta città trovò che era stata distrutta
dalle fondamenta dai pagani ma scoperse per caso un sepolcro su cui una lapide
di marmo stava ad indicare che lì dentro vi era il corpo di Maria
Maddalena. Quando scese la notte il monaco ruppe la lapide e prese le
ossa.' I lettori vanno informati che Jacopo da Varazze
scrisse la 'Legenda Aurea' basandosi principalmente
sui testi della 'Storia Ecclesiastica', della 'Storia
Tripartita', 'La vita dei Santi Padri',
'I dialoghi di San Gregorio' e dei vangeli apocrifi.
Nella Legenda sono così numerose le incongruenze cronologiche, storiche
e geografiche. Nel caso della storia su Maria Maddalena
è evidente che si tratti semplicemente di una parabola nella quale il
cristianesimo vince su ogni avversità ed ostacolo e riesce a portare
pace, giustizia e fratellanza in terre lontane. (La Francia) Dal punto di vista
tecnico la prima perplessità emerge da un viaggio così lungo,
dalla Palestina alla Francia, su una barca affollata
di gente che per affrontare una distanza così lunga nel Mar
Atlantico sarebbe dovuta essere grande, di ottimi materiali, quindi resistente
e con un ottimo timoniere. Ma da quanto è stato scritto non c'erano piloti
e gli infedeli, che si auguravano la morte dei cristiani di certo non si preoccuparono
di farli viaggiare su una buona barca. Che si tratti di una favola si comprende
dalle incongruenze del testo, dove Maddalena è
prima in un luogo e dopo in un altro. Diversi autori hanno dunque costruito
il 'fidanzamento' di Gesù e la Maddalena, e la storia dei loro figli
in terra francese (da cui avranno poi origine i Merovingi)
sul viaggio di Maddalena raccontato (da tutte le fonti) nelle modalità
sopracitate. La 'Legenda Aurea', scritta dal 1255
al 1266, sarà divulgata attraverso i secoli e dalla quale diversi pittori
prenderanno spunto per dipingere episodi del viaggio della Santa e di cui venne
probabilmente a conoscenza anche Leonardo. Ma da qui tutto il resto è
fantasia e utilizzo furbo della storia, quanto l'esistenza del Priorato
di Sion, come si può leggere in questa pagina.
Come al solito l'Italia viene esclusa ma è bene ricordare ..... Morano
va superba per aver inalberato il glorioso vessillo del SS. Redentore, fin dal
56° anno, quando moltissime città, attualmente rinomate, non esistevano
ancora. Tutti concordano nell'asseverare che proprio nel 56° anno dell'era
corrente, Morano abbracciasse la fede in seguito alla predicazione di Stefano
di Nicea, discepolo di S. Paolo. Solo è permesso credere che fosse stato
qualche anno dopo, mentre la storia dice che l'istesso S. Paolo sbarcò
a Reggio nel 60° anno. Ad ogni modo, come Taranto e Reggio, città
rinomate, Morano, fra Cossa e Thebe, città non oscure, fu sollecita ad
abbracciare la fede di Gesù Cristo, al pari delle Calabrie, le quali
in ciò forse non furono seconde ad altre regioni. Gli Apostoli ed i discepoli
ebbero di mira di convertire prima le citta cospicue, ed in ciò abbiamo
altra prova dell'importanza di Morano a quei tempi, come Taranto, Reggio, Cossa
e Thebe, tutte rinomate città. Si aggiunge che fu costume degli Apostoli
e dei di loro discepoli lasciare, in ogni città convertita, un vescovo
per reggere la chiesa, fare le ordinazioni e la propaganda. È
provato che nel 342 vi risiedeva tuttavia quel Lucianus Episcopus Muranensis
che votò al Concilio Romano, tenuto sotto Giulio Papa, per l'assoluzione
di S. Attanagio, come riportato da Antonio Pagi ed Arrigo Valesio nelle note
al Cardinal Baronio. Quando Morano cessasse di
avere il Vescovo non si sa precisare; ma fu certo
allorché si restrinsero le Diocesi. Ne'
la privazione fece onta a questa chiesa, la quale restò con gli onori
di Collegiata, mentre è noto nella storia della Chiesa che così
non praticossi con tutte le altre. I Parroci di
Morano infatti serbano ancora alcune insegne da
Prelato, ed i Canonici,
gli armuccini come quelli della Cattedrale di Napoli.
Come riportato da Giannone, nell' Istoria Civile
del Regno di Napoli, dice non esservi villaggio, il quale non pretenda che la
sua chiesa. sia stata fondata da S. Pietro. Per Morano
però non siamo in questo caso, giacché, se tutti affermano che
la prima nostra chiesa fu fondata nel 56° anno
da S. Stefano, nessuno ardì contrastarlo,
neppure quando le attuali tre chiese parrocchiali, litigandosi per secoli la
precedenza, non trascurarono arma alcuna per combattersi l'un l'altra; anzi
la gran lite verteva appunto sul diritto di successione a quella Prima
Chiesa. La storia dice che S. Paolo sbarcò
a Reggio; vi si trattenne un solo giorno e predicò
nella pubblica piazza; quivi fece strepitoso miracolo, e vi fondò la
prima chiesa che affidò ad un Vescovo (S.Stefano).
Narra pure la storia che S.Pietro, arrivato a Taranto,
senza perder tempo, si presentò alla fontana, dove era accolta moltissima
gente, e per avere occasione di predicare, bevve senza adorare l'Idolo, come
usanza del paese. Ne nacque perciò quel chiasso che aveva preveduto;
predicò con successo, e quivi all'istante i convertiti Tarantini,
ad insinuazione dell'Apostolo, fondarono la prima
chiesa retta da un Vescovo. Ciò dimostra,
che, come era regolare, gli Apostoli ed i discepoli,
dovendo predicare alle popolazioni e convertirle, sceglievano le città
grandi ed i punti più popolati di esse. Predicavano alle turbe e facevano
miracoli; ne seguiva la conversione ed il fervore, e nello stesso sito ove aveva
avuto luogo la predica sorgeva una chiesa fatta alla meglio in brevissimo tempo
e con la minima spesa, e se ne affidava la cura al Vescovo. Dove predicasse
S. Stefano in Morano,
non si sa; ma la Prima Chiesa, ancora esistente,
ci accerta che predicasse anche esso nella piazza, a piccola distanza dalla
stessa chiesa. Non voglio darmi l'aria di decidere su due piedi la questione,
ma se è presumibile che S. Stefano predicasse in piazza e che la chiesa
sorgesse nelle vicinanze di essa, esaminando i caratteri della stessa, la ravviseremo
proprio per quella del primo secolo, antica sede vescovile. L'Antichissima
Morano era compresa per intero fra le robuste mura, e contava una popolazione
relativamente assai più numerosa di quello che non lo sia oggi. Ora,
in una città ove le abitazioni si trovavano cotanto agglomerate, quale
è il luogo che con maggior ragionevolezza può presumersi venisse
prescelto dal Discepolo Stefano per le sue prediche,
se non la piazza? La Piazza, il centro della città
stessa e che in pari tempo offriva spazio sufficiente al pubblico. Quindi, o
la chiesa che ne surse fu S. Maria delle Grazie
là vicina, o non avrebbe avuto Morano la chiesa
nel primo secolo, ma bensì soltanto dopo il quarto secolo, quando,
al tempo di Costantino, ne sursero tante e tutte
maestose, mentre umilissima è la chiesetta che prendiamo ad esaminare,
da tutti chiamata, per definirla, del primo secolo.
Sarebbe strano, anzi assurdo, credere che dopo una predica in piazza, dopo la
conversione della città, volesse fondarsi la chiesa in altro punto, specialmente
all'incomoda cresta del monte o nel pericoloso bosco, due punti ugualmente distanti
dal centro dell'abitato. Poco discosto dalla piazza, sotto le mura della città
e proprio vicino ad esse, si trovò il sito più confacente per
erigervi la chiesa di pronta attuazione senza rilevante spesa. Ebbe aspetto
anzi più di Grotta che di Chiesa.
Tre lati sono scavati nella roccia
e la sola prospettiva rimane scoperta Verso Oriente,
requisito richiesto dai Sacri Canoni, non però
assoluto, come lesempio delle chiese di Roma o di altre città.
Questa chiesetta in tutto ci rivela la sua antichità; spiega la sua portentosa
durata dal primo secolo fino al XIX
il durissimo materiale, lottimo nostro cemento e la base fatta su macigno.
Morano fin dai tempi dei Greci e dei Romani, ebbe il privilegio di essere un
Porto Franco (Privilegio conservato fino ai Savoia)
per i Perseguitati per Credo Religioso e di Opinione,
percui non sottovaluterei che possa essere il luogo di transizione del lungo
viaggio della Maddalena da Gerusalemme
a Marsiglia.
CONCLUSIONI - In nessun passo dei Vangeli è
scritto che Maddalena fosse una 'prostituta', tutt'altro: dalle varie vite sulla
santa scritte nei primi secoli dopo Cristo, sembra che Maddalena nacque in una
famiglia importante, e suo padre Siro il 'Giairo' era il sacerdote che officiava
nella grande sinagoga a Cafarnao. Uninformazione riportata da diversi
autori nella quale si può supporre ci sia una mezza verità. Nata
nel 3 d.C, sulla base di interpretazioni molto forzate sui vangeli apocrifi
ma, nota importante, nessuno riporta notizie sul matrimonio, si sposerebbe con
Gesù a 27 anni, nel 30 d.C. Nel 33 d.C nascerebbe (dalla lettura non
di vangeli ma di fonti apocrife, romanzate) la figlia Tamar, nel 37 Gesù
il Giovane. Entrambi non seguirono (e non si spiega il motivo) la madre nel
viaggio che Maddalena avrebbe affrontato nel 44 d.C, per sfuggire alla persecuzione
dei Romani, in cui ci sarebbero stati anche Marta, Marcella, l'apostolo Filippo,
Maria Iacopa (moglie di Cleofa) e Maria Salomè (Elena). Il luogo dove
sbarcarono in Provenza sarebbe Ratis, divenuto poi noto come Les Saintes Maries
de la Mer. Maddalena quando partì sarebbe stata incinta di Giosuè,
che sarebbe poi nato in territorio francese. Tra i testi medievali che riportano
la notizia del viaggio 'La vita di Maria Maddalena', di Raban Maar (776-856),
'Sainte Marie Madelaine', del frate domenicano Père Lacordaire, 'La légende
de Sainte Marie Madelaine', la 'Legenda Aurea' di Iacopo da Varazze o Varagine,
arcivescovo di Genova (n.1228). Il culto più attivo della Maddalena s'insediò
a Rennes-le-Chateau, nella regione della Linguadoca, dove la chiesa a suo nome
fu consacrata nel 1059 e nel 1096. Su questo luogo di culto e sul radicamento
nella zona della figura di Maddalena, nasce la speculazione nel 1900 su Rennes-le-Chateau
e improbabili legami dinastici sostenuti da personaggi legati ad ambigui gruppi
francesi esoterici a fine di notorietà e di lucro. Lo stesso luogo di
sepoltura della donna non sarebbe nei dintorni di Rennes-le-Chateau ma, credendo
per un attimo alla Legenda Aurea, basata su scritti dei primi secoli
dopo Cristo, a Vezelay, in Borgogna, a sud di Auxerre, probabilmente nella Basilica
di Santa Maria Maddalena. Gesù non avrebbe mai raggiunto Maria Maddalena
in Francia per continuare a spostarsi in Medio Oriente fino alla sua morte per
diffondere e instaurare un nuovo ordine. Su Giuseppe, il presunto figlio di
Cristo nato in Francia, non si hanno documenti e cronache storico-religiose
del tempo per poter affermare che da lui nacque la dinastia che sarebbe proseguita
attraverso Aminadab e successivamente nei Merovingi. Come consuetudine medievale,
gli avvenimenti storici nel tempo venivano plasmati nelle leggende, in tradizioni
locali, in testi letterari, quelli che diffonderanno il ciclo del Graal, forma
simbolica e allusiva per tramandare la presenza di Cristo nella storia. L'ipotesi
più credibile, e ad avvalorarla è la pubblicazione della Legenda
Aurea in tempi sospetti, che durante la nascita dei movimenti eretici in Francia,
come i Catari e i Templari, si cercherà in tutti i modi di scalfire il
potere temporale della Chiesa Romana insinuando il dubbio sugli avvenimenti
storici del Cristianesimo per instaurare un nuovo ordine religioso, filo-cristiano,
indipendente da Roma. Un tentativo che in passato venne già portato avanti
dai Merovingi, poi estinti nel 751 d.C. A tal proposito va detto che per la
teoria dinastica la scelta dei Merovingi come discendenti di Gesù è
stata la più facile in quanto fu l'unica dinastia che rifiutò
l'incoronazione del Re da parte della Chiesa di Roma. Tutta la storia della
dinastia di Gesù non è nient'altro che una clamorosa opera letteraria,
ma con chiari interessi di parte, che gioca sul filo della storia attraverso
interpretazioni evangeliche e sui famosi papiri ritrovati a Qumran
LA LINEA DI SANGUE DEL SANTO GRAAL
STIRPE BRITANNICA L'ipotetica genealogia britannica
iniziata con l'unione di Giacomo e di Anna e che porterebbe alla Casa Reale
degli Stuart
Ipotetica discendenza arturiana secondaria
Anna=Giuseppe di Arimatea (San Giacomo)
Anna=Bran il Beato | Beli | Avallaci | Eugein | Brithguein | Dovun | Onwed |
Anguerit | Angouloyb | Gru Dumn | Dumn | Guiocein | Cein | Tegid | Patern Persut
| Octern | Cunedda Wledig ca.420 | Einina Yrth ca.460 | Cadwallan Llaw Hir |
Maelgwin ca. 542 | Rhun ca 550 | Beli ca.580 | Iago ca.610 | Cadfan Gwynedd
ca.620 = Acha, figlia del re Aele di Deira | Cadwallon II° Re di Gwynedd,
m.634 = Elena figlia di Wibba | Cadwaladr il Beato Re di Gwynedd ,654 | Edwal
Re di Gwynedd 664 ca | Rhodri Molwynog Re di Gwynedd 754 ca | Cinan Tindaethwy
754-816 | Gwynedd | Esylth | Merfyn Vrych, 825-844 | Rodri Mawr di Gwynedd 844-878
(Qui si estingue)
Ipotetica discendenza arturiana primaria. Anna = Giuseppe di Arimatea (S.Giacomo)
Anna = Bran il Beato | Panardun = Mario | Coell I° | Llleifer Mawr | Gladys
= Cadwan di Cumbria | Coel II° di Colchester | Cunedd ca. 300 | Cursalen
| Fer | Confer di Strathclyde | Gluim | Cinhil | Cynlop | Ceretic Guletic |
Cinuit | Dyfnwal Hen | Ingenach = Brychan of Manau | Lluan = Gabran di Scozia
ca.548 | Aedan Mac Gabran = Ygerna del Acqs | Artu m.603 = Morgana d'Avallon
| Modred La linea s'interrompe con la figlia di Modred. L'ipotetica discendenza
non passa dunque da Artù ma da Fredemondo uno degli eredi di Faramondo
e Argotta. Dall'altro figlio di questi, Clodione, si sviluppa la linea merovingia.
(Vedi dinastia francese)
Discendenza Casa Reale Stewart di Scozia
Fredemondo | Principe Nascine I° | Celedoin | Nascien II° di Septimania
| Galains | Jonaans | Lancelot | Bors = Viviane II° del Acqs | Bors | Lionel
| Alain | Froamido Conte di Bretagna | Frodaldo Conte di Bretagna ca 795 | Froumundo
m.850 | Flothario | Adelrado | Froubaldo m.923 | Alirado | Froumundo ca.985
| Fretaldo ca.1008 | Donada = Finlaech Mormaer di Moray m.1057 | Macbeth | Alan
Steward 1050-1097 ca | Emma ca 1070 = Walter Tahne di Lochaber | Alan di Lochaber
1088 - 1153 ca = Adelina di Uswetry | Walter Fitz Alan I° High Steward di
Scozia m.1177 = Eschyne de Molle | Alan Fitz Walter II° High Steward m.1204
= Eve di Crawford | Walter Stewart II° High Steward = Beatrix di Angus |
Alexander Stewart IV° High Steward m.1283 | Sir James Stewart V° High
Steward m.1309 = Jill du Bourg di Ulster | Sir Walter Stewart VI° High Steward
m.1326 = Marjorie Bruce | Re Roberto II° VIII° High Steward 1371-1390
= Elizabeth Mure di Rowallan | Roberto III° John Stewart Conte di Carrick
1390 - 1406 = Annabella Drummond | Giacomo I° 1406-1437 | Giacomo II°
1437-1460 = Mary de Gueldres | Giacomo III° 1460-1488 = Margaret di Danimarca
| Giacomo VI° 1488-1513 = Margaret Tudor figlia di Enrico VII° | Giacomo
V° 1513-1542 = Mary de Guise Lorraine | Maria Stuart Regina di Scozia 1542-1567
= Henry Stewart, Lord Danley | Giacomo di Scozia I° d'Inghilterra 1603 -
1625 = Anne di Danimarca e Norvegia | Carlo I° Stuart di Gran Bretagna 1625
- 1649 = Enrichetta Maria | Giacomo VII° di Scozia II° d'Inghilterra
1685 - 1688 = Maria Beatrice D'Este | Giacomo Francesco Edoardo Stuart III°
d'Inghilterra m.1766= Maria Clementina Sobieska | Carlo Edoardo Luigi Filippo
Casimiro Stuart m.1788 = Margherite O'Dea D'Audibert | Principe Edoardo Giacomo
Stuart Conte Stuarton m.1845 = Maria Emmanuela Pasquini di Vaglio | Principe
Enrico Edoardo Benedetto Stuart m.1869 = Agnes Beariz de Pescara Barberini-Colonna
da Palestrina | Principe Carlo Benedetto Giacomo Stuart m.1887 = Louise Jeanne
Francois Dalvray de Valois | Principe Giulio Antonio Enrico Stuart m.1941 =
Maria Joanna Vandenbosch di Fiandra | Giulio Giuseppe Giacomo Stewart di Annandale
1906-1985. --E' indicata la linea principale ereditaria
degli Stuart. Lungo questa genealogia (dai documenti genealogici della Royal
House of Stewart) la discendenza merovingia passa attraverso Re Macbeth, Re
di Scozia (1040-1057) ucciso da Malcolm, figlio di Duncan per far nascere intorno
al 1150 la Casa Reale di Stewart. Tra i sovrani più famosi della dinastia,
re Giacomo VI°, Mary Stuart, (in questo periodo si adotta il francesismo
Stuart da Stewart) Carlo I°. La famiglia perde il trono di Gran Bretagna
in modo definitivo nel 1688 con Giacomo VII°. I successivi eredi si sposarono
con nobili di Case occidentali: polacche, italiane, francesi, belghe. La Casa
Stewart sembra estinguersi con Giulio Giuseppe Giacomo Stewart di Annandale,
morto nel 1985 che non lascia eredi maschi. Ma il giovane conte Micheal La Fosse
(nato a Bruxelles nel 1958), figlio di Renee Julienne Stewart (n.1934, figlia
di Giulio Giuseppe Giacomo) e di Gustave La Fosse (n.1935) conte de Blois, nel
1976 viene accolto in Scozia dove gli vengono conferiti i titoli reali di Principe
Michele Giacomo Alessandro Stewart. Nel 1996 ha pubblicato il libro "Scozia,
La monarchia perduta" nel tentativo di ricostituire la successione dinastica.
Anche la linea genealogica degli Stewart si sviluppa sulla casa Merovingia,
da Fredemondo, secondo figlio di Faramondo e Argotta. Non vi sono invece collegamenti
diretti e attendibili dalla discendenza da Artu. Lo stesso matrimonio tra Anna
e Bran il Beato, da cui discenderebbe Artu, sarebbe avvenuto tra Anna e un uomo
ritenuto il primo a portare la cristianità nelle isole britanniche: un
marito ideale da associare alla figura di origine cristiana di Anna. Si può
quindi affermare che il "Sangreal" non ha origini dai tempi di Gesù
ma dalla dinastia Merovingia, fondata da Meroveo nel 456 d.C.
la Famiglia Allargata di Gesu'------------------- La Ricerca del Santo Graal -------------------- Enigma Gesu'-Le Fonti Dissepolte
Non è difficile immaginare che Enrico VIII, nella foga di palesare una propria discendenza da David, Gesù, Elena e Costantino, per sganciarsi dal cristianesimo cattolico romano, abbia voluto dare una impronta tutta inglese alla nuova Chiesa Anglicana ignorando totalmente altre fonti storiche. (Esempio: Elena, principessa inglese discendente di Caractaco - fonti storiche dichiarano all'unanimità che Elena fosse nata in Bitinia, nulla di più lontano dall'Inghilterra.). "Flavia Iulia Helena, nata in Bitinia intorno al 250 d.C., era una donna di umili origini. Concubina di Costanzo Cloro (prima moglie secondo alcune fonti, ripudiata in un secondo tempo, secondo altre) da cui ebbe Costantino, venne proclamata Augusta dopo il 324 ed ebbe grande influenza sulla politica religiosa del figlio."
Capitolo I - Erode
Gesù: il re senza corona di Alessandro De Angelis
Le prove storiche dell'esistenza di Gesù, Giuseppe
e Maria
Non tutti sanno che la statistica è una
scienza esatta, al pari della matematica di cui essa si avvale per le sue rilevazioni.
Molte persone obiettano il fatto che molti dei nomi dei personaggi evangelici
e storici di Giuseppe Flavio, usati in comparazione nel libro Sangue Reale:
Gesù il figlio segreto del re Erode il Grande per dimostrare che Gesù
era il figlio
del re Erode il Grande, erano molto comuni in quell'epoca, per cui affermano
potrebbe essere una mera coincidenza il fatto che la Maria che cercò
di avvelenare Erode nei testi di Giuseppe Flavio risulti imparentata con personaggi
che si riscontrano anche nei vangeli .........
BITINIA
Tratto da Wikipedia: "Diverse antiche città della regione si trovavano lungo le fertili coste della Propontide (ora nota come Mar di Marmara): Nicomedia, Calcedonia, Cio ed Apamea. La Bitinia comprendeva anche Nicea, famosa perché vi si tenne il primo concilio di Nicea e perché vi fu formulato il credo niceno-costantinopolitano". "Di Elena i dati biografici sono scarsi, nacque verso la metà del III secolo forse a Drepamim in Bitinia, cittadina a cui fu dato il nome di Elenopoli da parte di Costantino, in onore della madre. Elena discendeva da umile famiglia e secondo s. Ambrogio, esercitava lufficio di stabularia cioè locandiera con stalla per gli animali e qui conobbe Costanzo Cloro ufficiale romano, che la sposò nonostante lei fosse di grado sociale inferiore, diventando così moglie morganatica." A mio parere Costantino non avrebbe avuto motivi per nascondere le origini materne.
STIRPE FRANCESE La teoria sulla Dinastia che
porterebbe fino ai Merovingi e ai Conti di Razès.
Nel 1982 uscì 'Holy Blood, Holy Graal', il libro di Micheal Baigent,
Richard Leigh, Henry Lincoln, tre famosi giornalisti della Bbc, che realizzarono
un dossier sui movimenti eretici medievali, sulla stirpe carolingia, sulla vita
di Gesù e sui libri testamentari. I tre autori, credendo autentici alcuni
documenti che gli vennero forniti, ricostruirono la suggestiva storia della
prosecuzione dinastica di Gesù. Successivamente al 1982 sono usciti centinaia
di libri, alcuni decisi a contestare decisamente la tesi della prosecuzione
dinastica, altri invece a rafforzare le ricerche sulla vita di Cristo attraverso
due generi: lo studio sui papiri di Qumran e sul Vangelo Apocrifo di Filippo,
un filone più narrativo e suggestivo, in cui i temi e le implicazioni
sono i Catari, i Templari, l'Ordre de Sion e Rennes-le-Chateau. Ma tutte queste
pubblicazioni, ognuna che cerca di trovare una nuova teoria, non fanno che confondere,
non ci indicano la direzione giusta. Attualmente la difficoltà è
così il saper distinguere tra l'editoria esoterico-popolare, con le sue
pubblicazioni sui Templari e su Rennes-le-Chateau e sui testi che riportano
invece una ricostruzione storica. Molte teorie che sono state elaborate sulla
successione messianica e sui movimenti medioevali sono chiaramente suggestive
ma non verificabili. La storia e i libri testamentari ci aiutano invece a dare
delle interpretazioni e delle certezze per ricostruire un quadro generale della
'Queste du Graal' e comprendere cosa c'è di vero. Secondo la letteratura
britannica accettata, l'attuale erede della Casa Reale di Stewart è il
principe Albrecht di Baviera che avrebbe diritto ai titoli scozzesi in virtù
delle ultime volontà testamentarie del fratello minore di Carlo Edoardo,
il cardinale Enrico, duca di York. Questo testamento presumibilmente nominava
Carlo Emanuele IV di Sardegna a successore degli Stuart. Attraverso vari matrimoni
con discendenti femminili del fratello di Carlo Emanuele, Vittorio Emanuele
I°, l'attuale Albrecht di Baviera è diventato l'erede comunemente
citato, basandosi su una discendenza piuttosto tenue da Enrichetta, figlia di
Carlo I°. Ma il fatto è che il testamento del cardinale Enrico
Stuart non nominava Carlo Emanuele suo successore.
Dal momento in cui l'Elettore di Hannover salì al trono come Giorgio
I° di Gran Bretagna nel 1714, divenne politicamente conveniente sopprimere
o nascondere una buona quantità d'informazioni su certe famiglie, valorizzando
al tempo stesso il lignaggio di altre. La Casa di Stuart fu attaccata in modo
particolare per giustificare la nuova linea di successione germanica. Carlo
Edoardo Stuart sposò nel 1772 la principessa Luisa Massimiliana, figlia
di Gustavo, principe di Stolberg-Guedern. Nel 1784, tuttavia, ottenne la dispensa
papale per il divorzio in seguito alla relazione amorosa di Luisa con il poeta
italiano Vittorio Alfieri. Gli archivi degli Stuart a Roma rivelano che nel
novembre 1785 Carlo si risposò con la contessa De Massillan nella chiesa
dei Santi Apostoli a Roma. Era Margherita Maria Teresa O'Dea d'Audibert de Lussan:
cugina per discendenza del prozio di Carlo, il re Carlo II°. Nel novembre
1786, a trentasette anni, la contessa diede alla luce un figlio, Edoardo Giacomo
Stuart, che divenne noto come il conte Stuarton. Sebbene non fosse un segreto
in Europa, la notizia della nascita del legittimo figlio ed erede di Carlo Edoardo
venne immediatamente soppressa dal governo degli Hannover a Westminster (Londra).
Nel 1784 Carlo Edoardo aveva fatto testamento nominando suo erede il proprio
fratello, cardinale Enrico, duca di York. Carlotta di Albany (1754), nata dall'unione
di Carlo nella relazione con Clementina Walkinshaw, sarebbe dovuta essere la
sola beneficiaria del patrimonio. Ma il testamento del padre venne annullato
da un altro fatto redigere prima della sua morte. Al fine di consolidare la
posizione del nuovo re, Giorgio III°, il parlamento georgiano nascose l'esistenza
del testamento originario e pose fine al problema della popolarità degli
Stuart in Gran Bretagna dichiarando estinto il ramo scozzese, che aveva tra
l'altro contribuito alla scissione degli Stati Uniti durante la Guerra d'Indipendenza.
Molti scozzesi esiliarono in Nord America. Qui si voleva creare un'alternativa
alla monarchia e alla dittatura: un sistema repubblicano per liberare soprattutto
la nazione inglese dal dispotismo della Casa di Hannover che regnava in Gran
Bretagna. L'idea era un sistema repubblicano fondato sul principio della fratellanza,
tuttavia una società ideale aclassista non può esistere in un
ambiente, come quello inglese, che promuoveva l'ostentazione di eminenza e superiorità
in base alla ricchezza e al possesso. In massima parte, i responsabili della
Costituzione degli Stati Uniti e della sua ispirazione morale erano rosacrociani
e framassoni: personaggi illustri come George Washington, Benjamin Franklin,
Thomas Jefferson, John Adams e Charles Thompson. Quest'ultimo, che disegnò
il Gran Sigillo degli Stati Uniti d'America, era appartenente all'"American
Philosophical Society" di Franklin, l'equivalente del "Collegio Invisibile"
della Gran Bretagna. Le figurazioni del sigillo sono direttamente legate alla
tradizione alchimistica: l'aquila, il ramo di olivo, le frecce e i pentagrammi
sono tutti simboli segreti di contrari: il bene e il male, maschi e femmina,
guerra e pace, buio e luce. Sul verso (ripetuto sulla banconota americana) è
raffigurata la piramide tronca, indicante la perdita dell'Antica Sapienza, recisa
e costretta alla clandestinità. Ma sopra di essa vi sono i raggi di luce
dell'eterna speranza, che avvolgono l'"occhio onniveggente", usato
come simbolo durante la Rivoluzione Francese. La Costituzione Americana traccia
un cammino ideale verso una forma di democrazia dove il governo del popolo è
per il popolo, ignorando le distinzioni di classe, dove i ministri del Governo
venissero eletti con la maggioranza dei voti popolari, ma che loro azioni fossero
contenute entro i limiti della Costituzione. Poiché la Costituzione appartiene
al popolo, il suo difensore (secondo l'idea di Gorge Washington) dovrebbe essere
un monarca legato da un impegno verso il popolo e non verso la politica o la
religione. Attraverso il naturale sistema ereditario (essere nato ed educato
per quel compito), ogni successore assicurerebbe coerenza e una "ininterrotta
continuità" di rappresentanza attraverso i successivi governi. A
questo riguardo tanto i monarchi quanto i ministri sarebbero i servitori della
Costituzione per conto della Comunità del Regno. Tale concetto di governo
morale sta proprio al centro del Codice del Graal e rientra nelle possibilità
di ogni Stato nazionale civilizzato, dove nessun ministro può pretendere
di diffondere onestamente un ideale di uguaglianza nella società quando
lo stesso possieda qualche forma di predominio nella società in cui opera.
Il precetto del Sangreal va quindi inteso nella capacità di saper vivere
per gli altri senza sentirsi umiliati: è l'educazione dell'uguaglianza
e del servizio principesco, un eterno precetto che può creare maggiore
armonia e unità.
La stirpe messianica. Gesù il Cristo, la sua sposa e la loro prole
La prole di Gesù - Nel mese di giugno dellanno 30 d.C. era iniziato il periodo del fidanzamento dinastico con Magdala, Sacerdotessa e Superiora delle nazaree dellOrdine di Dan, che assumeva, come futura regina, il rango di Miriam (Maria) e quindi è meglio conosciuta con il nome di Maria Magdalena. Circa tre mesi dopo era stato celebrato il loro matrimonio e la sposa aveva unto i piedi al sovrano coniuge nella casa di Simone. Poiché Magdalena non era rimasta incinta durante il periodo previsto dal codice reale, né in quellanno né nel corso del successivo, bensì solo dopo tre anni, il matrimonio definitivo si celebrò nel marzo del 33 d.C., quando era già gravida di tre mesi. Fu lo stesso anno in cui Gesù entrò a Gerusalemme sul dorso di unasina. Tutti gli ebrei nazionalisti e conservatori si opposero al tentativo del Messia di fare dIsraele una nazione unita, nella quale fossero compresi i gentili, i proseliti e gli altri gruppi analoghi di origine non ebraica. Dopo sei mesi nasceva una femmina, a cui venne dato il nome Tamar. Secondo le regole dinastiche, dopo la nascita di un neonato di sesso femminile, la regia coppia doveva attendere tre anni prima di tentare una nuova gravidanza e nel caso in cui fosse venuto alla luce un maschio vi era lobbligo di attendere ben sei anni. Nel dicembre del 36 d.C. Gesù riprese il rapporto sessuale con la moglie e nel 37 d.C. veniva alla luce il primo figlio maschio, a cui venne dato il nome Gesù. Nel 46 il suo primogenito Gesù, di nove anni, andò a scuola a Cesarea. Tre anni dopo, celebrò il rito della Seconda Nascita in Provenza. Secondo lusanza, era rinato simbolicamente dal grembo materno alletà di 12 anni: il suo Primo anno da iniziato. Alla cerimonia era presente suo zio Giacomo (Giuseppe dArimatea), che poi condusse il nipote nellInghilterra occidentale per un periodo. Nel 53 d.C. Gesù junior venne proclamato ufficialmente principe ereditario della sinagoga di Corinto e ricevette puntualmente il titolo di Justus che gli spettava, come principe ereditario davidico. Succedette così a suo zio, Giacomo il Giusto, come erede della corona reale. Quando compì 16 anni, Gesù Giusto divenne anche capo nazareno e come tale ebbe diritto di indossare la veste nera, come quella che portavano i sacerdoti di Iside, la Dea Madre Universale. Nel 43 d.C. Maddalena rimase di nuovo incinta e fu lultimo periodo di Gesù e, nel corso dellanno seguente, partorì in terra straniera, ove si trovava in esilio, il secondogenito che prese il nome di Giuseppe.
Il culto di Maria di Cleofa. Per completare
E molto complesso risalire alla storia di questa figura mariana. Tuttavia, estendendo il proprio sguardo e spostandosi in Inghilterra, si riesce a comprendere che la sua derivazione è antica. Quindi, Maria di Cleofa, moglie di Zebedeo, rappresenta lAnziana nella simbologia triplice di Maria. Una piccola carrellata di rimandi. Lepoca medievale è stata spesso indicata come il periodo che vide fiorire la Merrìe England , la dolce Inghilterra. La descrizione derivava dal fatto che Mary Jacob (Santa Maria La Zingara) era venuta in Europa nel 44 d.C. assieme alla Maddalena e, accanto al culto per questultima, quello di Maria La Zingara era largamente diffuso durante il Medioevo in Inghilterra. Santa Maria Jacopa (moglie di Cleopa secondo Giovanni 19:25), era una sacerdotessa del I secolo e, a volte, viene chiamata Maria LEgiziana. Il suo Giuramento Matrimoniale si chiamava il Merrìe, derivato in parte dal nome egiziano Mery (che significava beneamato). Da qui , probabilmente, deriva il verbo inglese marry (sposare). Al di fuori della dottrina cattolica, si riteneva che lo Spirito Santo fosse femmina ed era sempre associato allacqua. Spesso raffigurata con una coda di pesce, Santa Maria era loriginaria merrìmaid (sirena), e le venne dato lattributo di Marina. E ritratta accanto a Maria Maddalena (La Dompna delAquae) in una finestra della chiesa di St. Marie a Parigi. Agli albori del cristianesimo, Costantino bandì la venerazione di Maria la Zingara, ma il suo culto continuò e fu introdotto in Inghilterra dalla Spagna. Maria (Cleofa) Jacopa era sbarcata a Ratis (poi , Saintes Maries de la Mer) insieme a Maria Maddalena (Elena) Salomè, come descritto negli Atti della Maddalena e dellantica Storia ms dInghilterra conservata negli archivi del Vaticano. Il suo emblema più significativo era la conchiglia di pettine, dipinta efficacemente insieme alla sua immagine in veste di Afrodite nella Nascita di Venere del Botticelli. Sacra prostituta e cultrice dellamore, veniva raffigurata ritualmente dagli anglosassoni come Regina di maggio e i suoi danzatori, Merys Men, celebrano ancora i loro riti sotto il nome deformato di Morris Men.
TESTO
Antichità Giudaiche Di Giuseppe Flavio Lo Storico Ebreo
NOTA BIOGRAFICA Nel 37 38 d.C. Giuseppe nasce a Gerusalemme da Mattia discendente di nobile famiglia sacerdotale; per via materna è imparentato con il sommo sacerdote. Ancora giovanissimo diviene noto in città per la sua intelligenza e conoscenza della Legge. 56 - 59 A sedici anni comincia un tirocinio presso le più importanti scuole giudaiche del tempo (farisei, sadducei, esseni) alla fine decide per gli esseni e trascorre tre anni di probandato nel deserto alla sequela di un eremita esseno di nome Banno: verosimilmente compì i tre anni di probandato prescritti dalla regola degli Esseni (cfr. 1QS, VI, 13-23). 64 Viene eletto membro di una ambasciata inviata a Roma per perorare la causa di due sacerdoti che erano stati arrestati. L'ambasciata ha successo e i due imputati vengono rilasciati.Nell'occasione Giuseppe comincia a conoscere personalmente la potenza di Roma. 66 Alla fine di quest'anno gli è affidato il governo della Galilea e si trova ad affrontare, dalla parte dei rivoltosi, le legioni romane provenienti dalla Siria. Apparentemente la rivolta aveva acquistato consistenza e unitarietà d'intenti dopo il ritiro dalla regione del legato Cestio Gallo; in realtà i promotori rivoltosi erano profondamente divisi negli obiettivi. 67 A Jotapata si arrende alle legioni romane.Portato prigioniero davanti a Vespasiano gli predice l'ascesa all'impero. 69 Vespasiano viene proclamato imperatore, e ricordando la profezia del prigioniero giudeo, rende la semilibertà a Giuseppe. 70 Divenuto amico di Tito, figlio di Vespasiano, lo segue e lo assiste in qualità di interprete nelle operazioni militari dell'assedio di Gerusalemme,fino alla distruzione del tempio. 71 Parte alla volta di Roma in compagnia di Tito. Assiste al trionfo di Vespasiano e Tito e viene associato alla nobile famiglia dei Flavi ottenendo la cittadinanza romana. 75 - 79 Pubblica la Guerra Giudaica. 81 L'imperatore Domiziano succede a Tito e continua a proteggere Giuseppe garantendogli l'esenzione da imposte per i suoi possedimenti in Giudea. 94 - 95 A 55-56 anni termina le Antichità giudaiche. Negli stessi anni scrive Contro Apione, un'apologia dell'ebraismo, e la Vita. 96 Il 18 settembre viene assassinato Domiziano. 100 - 105 Con molta probabilità,è in questi anni che può essere collocata la morte di Giuseppe Flavio.
TESTO pdf
Antichità Giudaiche Di Giuseppe Flavio
Guerra Giudaica - GIUSEPPE FLAVIO
CRONOLOGIA - 63 a.C. La tensione destinata a provocare la rivolta giudaica del 70 d.C. era cominciata cento anni prima, ai tempi della presa di Gerusalemme e della profanazione del tempio da parte di Pompeo che, distrutto lo Stato seleucidico, aveva ordinato lo Stato giudaico nel sistema dei territori vassalli di Roma. La situazione rimase tesa per l'ingerenza dei romani nella lotta tra il sommo sacerdote Ircano II e suo fratello Aristobulo. 47 a.C. Per volere di Cesare, viene nominato viceré della Giudea l'idumeo Antipatro, feroce ministro di Ircano II, contro cui si sviluppa il movimento nazionalistico di resistenza guidato dal galileo Ezechia. Nello stesso anno, questi viene massacrato da un corpo di spedizione agli ordini di uno dei figli di Antipatro, Erode. Il processo per la morte di Ezechia viene insabbiato grazie all'intervento di Sesto Giulio Cesare. 40 a.C. Ircano II viene spodestato da Antigono, figlio del morto Aristobulo, grazie all'aiuto dei parti. Erode fugge a Roma. 37 a.C. Con l'aiuto dei romani, che lo hanno nominato re di Giudea, Erode riconquista il paese; Antigono è ucciso. Protetto da M. Antonio e poi da Augusto, Erode viene posto a capo di un forte complesso comprendente, oltre alla Giudea, la Samaria, i territori di Nord-Est, le città costiere, Gadara e Hippos. 4 d.C. Erode muore e il regno è diviso tra i suoi tre figli Archelao, Erode Antipa e Filippo. 6 d.C. Si sviluppa il movimento degli Zeloti animato da Giuda figlio di Ezechia e scoppiano varie rivolte. 14 d.C. Morte di Augusto, elezione di Tiberio. 37 d.C. Muore Tiberio, viene eletto Caligola; amico di Erode Agrippa, nipote del grande Erode e fratello della moglie di Erode Antipa, Erodiade, cede a lui la tetrarchia di Filippo e nel 39 la tetrarchia di Erode Antipa. La Giudea resta incorporata nella provincia di Siria. La popolazione di Alessandria attacca, in nome del culto dovuto a Caligola, la comunità giudaica pretendendo che le statue dell'imperatore vengano introdotte nelle sinagoghe. 37 d.C. Nasce Giuseppe Flavio discendente, per parte di padre, dall'alta nobiltà sacerdotale, per parte di madre, dalla famiglia reale degli Asmonei. 40 d.C. Caligola ordina che la sua statua venga introdotta e adorata nel tempio di Gerusalemme. 41 d.C. Sollievo in Giudea per la morte di Caligola. Regno di Claudio, che desiste dai propositi di Caligola e conferma i privilegi della comunità giudaica in Alessandria. 44 d.C. Muore Erode Agrippa e tutto il territorio della procuratela di Giudea viene dato all'amministrazione romana. Nel 53 Claudio concede a Agrippa II, figlio di Erode Agrippa, la tetrarchia di Filippo e la potestà di nominare il sommo sacerdote.
TESTO pdf
Guerra Giudaica - Giuseppe Flavio
LUOGO DI NASCITA DI CRISTOFORO COLOMBO
TRATTO DAL LIBRO "LA VERA STORIA DI CRISTOFORO COLOMBO" DEL FIGLIO FERNANDO COLOMBO
Fratelli Melita editori
Da qualche anno la questione della patria di Colombo ritorna periodicamente all'onore della discussione internazionale con ipotesi ed affermazioni impreviste e meravigliose. Esse debbono essere giudicate con severità, perché appaiono frutto di una profonda ignoranza o di insigne malafede. La tradizione designava Colombo come ligure e italiano sia che lo dicesse nato a Genova o a Savona, a Cogoleto o a Nervi, a Quinto o a Bogliasco, egli risultava sempre ligure; e se l'orgoglio municipale lo pretendeva anche nato nel piacentino, in Lombardia o nel Castello di Cuccaro nel Monferrato, egli era pur sempre considerato un italiano. Traendo pretesto da queste contese campanilistiche nostrane, gli stranieri intervennero nella discussione e, un pò alla volta, diedero origine a diverse tesi, per cui Colombo appare ora greco e ora inglese, ora francese, portoghese, spagnolo, catalano, corso, svizzero, etc. La Spagna non si accontenta di un solo Colombo spagnolo e ne possiede diversi, il Colombo gallego, quello estremeno, quello catalano... ogni giorno in Spagna fabbricano un Colombo nuovo. (curiosità: nel libro Fernando riporta che, per il clima malsano di Genova, la madre, scelse di partorire Cristoforo a Bettole, luogo d'origine della sua famiglia, assai più ameno).
L'ORIGINE (IMPROVVISATA) DEI COGNOMI: QUATTROCCHI - QUATTROCCHIO
Sembrerebbe tipicamente siciliano (in Calabria e Sicilia significa Giudici e Baroni) anche se presenta un grosso nucleo, probabilmente non secondario, in provincia di Roma, dovrebbe derivare da soprannomi originati dal fatto che il capostipite portasse gli occhiali. Salvino Armati sepolto in S. Maria Novella a Firenze, viene ricordato come l'inventore degli occhiali da vista, nel secolo decimo terzo. (nota: è difficile immaginare che ai tempi remoti a cui risalgono i documenti di Voghera, i reperti archeologici della Necropoli Quattrocchi di Enna del VI sec. A.C., il Lago Urio Quattrocchi ed i documenti del tribuno Paulus de Quatuor Oculi Signore di Roma "forse di epoca Romana o Merovingia", qualcuno portasse gli occhiali) . Nell' Araldica gli occhiali non sono rappresentati . Negli ultimi secoli precisamente dopo il 1644 (Bolla Pontificia di Urbano VIII a Flaminio Quattrocchio 1633) cominciò una lenta ma inesorabile mistificazione, quasi un anatema, nei confronti della famiglia Quattrocchio, abbinando il cognome al "segreto" (parliamoci a quattr'occhi) e negando la sua rilevanza. Ancora oggi la confusione è molto elevata ed è forse ciò che mi spinge a proseguire nella ricerca. N.B.: nel Dizionario Araldico di Guelfi Camaiani si legge "gli Occhi rappresentano la Giustizia, Iddio e la Custodia".
PIETRO CAVALLINI Artefice del Rinnovamento Romano della Tradizione Pittorica
Ricordato dal Vasari tra gli allievi di Giotto
per mere ragioni campanilistiche (che volevano sostenere la superiorità
della scuola toscana su quella romana), Cavallini pittore appartiene in realtà
alla generazione precedente a quella del maestro fiorentino. Poche sono le notizie
biografiche che lo riguardano, e anche quelle poche sono contraddittorie, fondate
per lo più sulle testimonianze lasciate dal Ghiberti nei suoi Commentari.
Nato a Roma intorno al 1240, Pietro apparteneva forse alla nobile famiglia dei
Cerroni (residente nel rione Monti, nell'area di S. Pietro in Vincoli): ma questo
dato è stato dedotto unicamente da un atto di compravendita del 2 ottobre
del 1273 - ora nell'Archivio Liberiano di S. Maria Maggiore (Orig. Pergamena
D, II, 48) - in cui è ricordato un Petrus dictus Cavallinus de Cerrònibus,
che compare come testimone e nel quale si è voluto identificare il pittore
romano, riconoscendo in Cavallinus una sorta di soprannome. Lavorò a
Roma, nel Regno di Napoli e forse in Umbria. Non abbiamo dati certi riguardo
alla sua morte, che presumibilmente avvenne dopo il 1325.
Stefania Falasca, Intervista Bruno Zanardi .!!!
Nel cantiere medioevale i nomi non contavano I documenti mostrano che nella
realizzazione di un ciclo pittorico lavoravano parecchi artisti, sotto la guida
del capobottega. Bruno Zanardi ci riporta nella Roma della fine del 1200.
Sei anni fa, nel 1994, veniva portata a termine la scoperta degli affreschi
del Sancta Sanctorum a Roma. Una scoperta eccezionale per la pittura italiana
del Duecento destinata ad avere forti ripercussioni nella comprensione della
storia dellarte di quel periodo. A quellimportante restauro aveva
lavorato Bruno Zanardi. Appena due anni più tardi, con la cura di Federico
Zeri, Zanardi diede alle stampe un volume che segnò una svolta storica
proprio nella comprensione dellorigine di tutta la pittura moderna occidentale:
Il cantiere di Giotto. Unanalisi dettagliata delle Storie di san Francesco
ad Assisi che mostra come questi affreschi videro poco, anzi nulla, la mano
di Giotto, e che apre così un nuovo filone di ricerca il cui baricentro
è significativamente diverso. Roma, appunto. A Bruno Zanardi abbiamo
chiesto di commentare la nuova scoperta dellAracoeli. Allora, professore,
una nuova scoperta di affreschi tardo duecenteschi a Roma. Cosa ne pensa?
BRUNO ZANARDI: È davvero troppo presto per
trarre conclusioni da questi pochi frammenti di pittura, ma alcune osservazioni
Possono essere fatte: innanzitutto bisogna dire che si tratta di una scoperta
di estrema importanza sia perché ritrovamenti di cicli di affreschi di
questepoca a Roma sono eventi rarissimi, sia perché riportano al
centro dellattenzione critica il problema di Roma, cioè di quella
grande stagione pittorica che si è espressa a Roma alla fine del Duecento
e che è stata sottovalutata.
Lei ha avuto modo di vedere questi affreschi?
ZANARDI: Sì. Posso dire che la qualità
pittorica è in alcune parti altissima, molto simile a quella degli affreschi
di Pietro Cavallini a Santa Cecilia in Trastèvere. Ci sono anche strettiSSime
convergenze, dal punto di vista formale, con il ciclo Assisiate, tanto che alcune
parti decorative e spaziali, come ad esempio la torre scorciata nella parete
laterale sinistra, sono addirittura assolutamente identiche. Questa stessa torre
si ritrova infatti citata nella Volta dei Dottori nella Basilica Superiore di
Assisi.
È possibile quindi che gli affreschi dellAracoeli siano antecedenti
quelli di Assisi?
ZANARDI: Guardi, a parte il fatto che fare un discorso
di datazione adesso è assolutamente prematuro inoltre reperire documenti
medioevali a riguardo è difficilissimo. Un caso eccezionale è
stata la datazione sicura degli affreschi del Sancta Sanctorum perché
a commissionarli è stato il papa Niccolò III, pontefice dal 1277
al 1280. La questione non ha comunque importanza, perché a mio parere
il punto è un altro. Il punto è che si tratta di cantieri che
parlano un linguaggio simile, per quanto si può vedere nei risultati
formali; anzi, a mio avviso potrebbe trattarsi dello stesso cantiere, lo stesso
cantiere che ha operato sia a Roma, nella chiesa francescana allAracoeli,
sia ad Assisi, nella Basilica francescana, con alcune maestranze differenti.
Può spiegare meglio?
ZANARDI: Voglio dire che, per affrontare correttamente lo studio di questi
affreschi, si deve ragionare in termini di cantieri, perché nel Medioevo,
si ragionava in questi termini. Nel cantiere medioevale, i nomi non contavano.
E i documenti medioevali, (e non solo) ci dimostrano che, i pittori al lavoro
nei cantieri erano sempre moltissimi. È chiaro che cera un capobottega,
ma questi lavorava di volta in volta con persone diverse, e dipendeva a sua
volta, dagli architetti. E gli architetti, proprio perché lavoravano
su ciò che era più costoso, rischioso e difficile, vale a dire
la costruzione o il riadattamento delle cattedrali, erano anche quelli, che
organizzavano il lavoro dei pittori, e degli scultori. Nel caso dellAracoeli
non si può, ad esempio, non prendere in considerazione la figura di Arnolfo
di Cambio, capocantiere per eccellenza,della Roma e della Firenze di fine Duecento,
visto che, egli guida tutte le più importanti imprese di architettura
condotte in quegli anni, in queste due città, e quindi probabilmente,
anche quelle relative, alla chiesa dellAracoeli. È una realtà
complessa, che tuttavia, può essere affrontata ragionevolmente, solo
in questi termini, altrimenti, si fa una storia dellarte, dei nomi, una
visione evoluzionistica dellarte, quella, in sostanza, ereditata dal Vasari,
e che in troppi ancora continuano a fare. Se, è lo stesso cantiere, ad
operare nelle due chiese francescane, di Assisi, e Roma, come lei dice, potrebbe
essere, unulteriore conferma, che il ciclo degli affreschi delle Storie
di san Francesco, non sia di Giotto . ZANARDI:
Senta, non voglio riprendere ora, una disputa secolare, sul problema Giotto
o non Giotto, ad Assisi, di difficile risoluzione, con implicazioni di argomenti
insormontabili. Tuttavia, analizzando da vicino, la tecnica pittorica di quegli
affreschi, e i modelli ,utilizzati per la realizzazione delle figure, si può
vedere, lopera di almeno tre diversi maestri, tre diversi pittori. Se
da un lato, si Possono vedere, cantieri che parlano una lingua simile, tra Roma,
e Assisi,dallaltro cantieri che parlano una lingua altrettanto simile
in quel periodo a Firenze, non ce ne sono. Dunque, il problema delle Storie
di san Francesco, è infinitamente più ragionevole pensarlo, in
un ambito romano, che non in un ambito fiorentino, e giottesco, perché
è ridicolo pensare, che una basilica di commissione romana, papale, affrescata
nellultimo decennio del Duecento, possa essere dominata, da figure fiorentine.
La cultura figurativa fiorentina, toscana, degli anni Ottanta del Duecento,
è sostanzialmente, bizantineggiante; di gran qualità, ma arcaica.
Il suo massimo livello, si esprime in Cimabue, e Giotto, come è noto,
si è formato in questo ambiente. E, non poteva ancora il giovane Giotto,
in quegli anni, aver maturato una sua lingua figurativa, tale da poter inchiodare
a se stesso, tutti quelli, che gli giravano intorno. È la storiografia
dei nomi, nella visione toscanocentrica imposta dal Vasari, sulle origini dellarte
moderna in Italia, ad insistere sulle Storie di san Francesco come opera, esclusiva
di Giotto: una sopravvalutazione, che ha portato a delle conseguenze ridicole.
Quali ad esempio ? ZANARDI: Come è
noto e riconosciuto da tutti gli studiosi, ad esempio, ci sono delle differenze
enormi tra gli affreschi delle Storie di san Francesco e quelli della Cappella
degli Scrovegni a Padova (di cui ora si sta curando una mostra), questi ultimi
unanimemente attribuiti a Giotto; e ci sono delle differenze enormi soprattutto
con gli affreschi delle cappelle della Maddalena e di San Nicola nella Basilica
Inferiore di Assisi. Gli storici dellarte per affermare con insistenza
che la leggenda francescana è opera di Giotto hanno dovuto dire che i
grandi capolavori delle cappelle della Maddalena e di San Nicola non sono dellartista
(tuttal più della sua bottega), fino a quando, recentemente, è
stato ritrovato un documento del 1309 che attesta inequivocabilmente che quelli
sono opera di Giotto. Ma il fatto paradossale di questa vicenda storiografica
è che poi Giotto è veramente un genio, è lui veramente
il genio della nuova lingua dellarte occidentale, quello che si manifesta
in tutta la sua straordinarietà nella Cappella degli Scrovegni, e nei
capolavori delle due cappelle, nella Basilica Inferiore di Assisi. Ma non è
quello delle Storie di san Francesco, che restano, rispetto a questi capolavori
eccelsi, ancora rozze. Allora, tornando a quanto dicevamo della Firenze di quel
periodo, se larte toscana di quegli anni era ancora sostanzialmente bizantineggiante,
a Roma non era così. A Roma, in quegli anni, cerano degli artisti
che dipingevano con unabilità altissima ed erano innovativi dal
punto di vista del verismo e del naturalismo. E certo è che il giovane
e talentuosissimo Giotto, venendo a Roma sul finire del secolo, ha visto queste
opere straordinarie, che erano davvero unaltra cosa, rispetto a quelle
della sua Firenze, rispetto, a Cimabue, e ha visto come lavoravano questi pittori,
con i quali non poteva non confrontarsi. Chi erano questi Artisti Romani ???
ZANARDI:
Si conoscono solo alcuni tra i tanti: Pietro Cavallini, Filippo Rusuti, Jacopo
Torriti. Il fatto che se ne conoscano pochi è dovuto alla ragione che
dicevo prima, cioè che i nomi nei cantieri a quellepoca non interessavano
e, in altra misura, alla sfortunata penuria di opere e notizie documentarie
conservatesi, ma certo anche al citato ferreo mito toscanocentrico. Di Pietro
Cavallini, ad esempio, sappiamo, come scrive Lorenzo Ghiberti, «che fu
in Roma maestro dottissimo in fra tutti gli altri maestri». Vasari ci
dà qualche notizia riguardo alla sua vita, dicendo che è vissuto
a lungo e che era «divotissimo e amicissimo de poveri». Sappiamo
che Cavallini a Roma ha fatto grandi opere in molte chiese importanti: a San
Pietro, a Santa Maria in Trastèvere, a Santa Cecilia, nella chiesa di
San Francesco a Ripa, a San Crisògono, nella Basilica di San Paolo fuori
le Mura, allAracoeli. Si tratta di decine e decine di metri quadri di
mosaici ed affreschi. E quel poco che purtroppo oggi si può vedere di
questo grande pittore (come, ad esempio, laffresco del Giudizio universale
nella Basilica di Santa Cecilia in Trastèvere, datato 1292-93), è
di un realismo impressionante.Le sue figure di una grandezza straordinaria non
sono più Icone, hanno la presenza plastica delle opere anticoromane.
Ma già negli affreschi del Sancta Sanctòrum che risalgono, rispetto
a questa opera del Cavallini, a più di dieci anni prima, si Possono vedere
elementi di innovazione, elementi realistici, di verismo, saggi di prospettiva
e tentativi di caratterizzazione dei volti. Dunque il Realismo nasce a Roma
!!! ZANARDI: Il dato di fatto, è che nellarco
di un trentennio, a Roma si rifanno le decorazioni di quasi tutte le chiese,e
di tutte e quattro le basiliche patriarcali, cioè delle chiese più
importanti della cristianità. E si rifanno in questo modo. Ma se è
vero che il nuovo linguaggio nellarte si preannuncia a Roma, quali Possono
essere le ragioni ??? ZANARDI: Il dòminus
della vicenda credo vada ricercato nella presenza dellarte anticoromana
e tardoromana. Bisogna pensare che cosa era Roma in quello scorcio di secolo,
colma di statue antiche, di tombe di epoca classica scoperchiate con dentro
dipinti di un verismo assoluto, di unabilità prospettica assoluta,
pitture eseguite con una perfezione formale assoluta come solo la civiltà
classica ha raggiunto; e poi cè la presenza massiccia dellarte
paleocristiana, i mosaici, gli affreschi delle catacombe. Una fonte inesauribile
di confronto, unabilità e un virtuosismo tecnico con cui questi
artisti si sono misurati. Tuttavia il fatto dellintroduzione di questi
elementi nelle raffigurazioni si intreccia con quello della committenza. Ad
un certo punto si comincia a richiedere di cambiare il repertorio delle immagini.
Si chiede ai pittori di non fare più delle raffigurazioni simboliche
come erano quelle della cultura bizantina. E si deve pensare che i committenti
spendevano somme enormi. Il rifacimento di Jacopo Torriti dellàbside
di San Giovanni in Laterano, ad esempio, viene pagato la bellezza di duemila
fiorini doro. Se dunque unopera veniva pagata tanto, doveva rispettare
quel valore nella resa formale. I mosaici costavano una fortuna, e nella maggior
parte dei casi le decorazioni erano eseguite in mosaico. A Roma insomma cerano
i soldi, e il mercato, come si dice, aguzza lingegno. Federico
Zeri diceva che questa grande rivoluzione è maturata a Roma, perché
era logico che un cambiamento del genere avvenisse in quella che era la capitale
del mondo cristiano; ed aggiungeva che le probabili ragioni di questo ritorno
alla tridimensionalità, ai dati empirici, fisici, alla cura degli aspetti
corporali, siano da identificare nella terribile minaccia rappresentata da certe
eresie gnostiche che in quegli anni stavano prendendo piede in Italia. ZANARDI:
Può darsi che Zeri avesse ragione nel dire che il passaggio dalla pittura
medioevale a quella moderna potrebbe essere legato in qualche modo al tentativo
della Chiesa di opporsi alle dottrine gnostiche; è uno dei possibili
fattori che potrebbero spiegare perché gli artisti vengono chiamati a
cambiare il repertorio delle immagini. Bisogna poi ricordare che lintero
rifacimento delle decorazioni nelle chiese romane si svolge alla vigilia del
primo Giubileo della storia, indetto da Bonifacio VIII. Tuttavia i grandi cambiamenti
non avvengono per andare contro. E questi mutamenti potevano non avvenire a
Roma. Non è detto che tutto ciò doveva per forza accadere a Roma.
Benedetto Antèlami, per esempio, allinizio del 1200, quindi quasi
un secolo prima del periodo in questione, fa a Parma delle sculture di un realismo
straordinario copiando opere tardoromane di provincia. Dunque, restiamo semplicemente
al dato e prendiamo finalmente in considerazione, anche alla luce di questo
nuovo ritrovamento nella Basilica di Santa Maria in Aracoeli, quello che è
successo qui a Roma in quegli anni, in quegli ultimi anni del Duecento. (1 novembre
2000). "LAracoeli
dei Pittori Romani". Il ritrovamento di un eccezionale affresco
nella chiesa, che fu per secoli il cuore della vita cittadina di Roma, ha riacceso
un antico dibattito. Dove iniziò la rivoluzione pittorica avvenuta a
cavallo tra il XIII e il XIV secolo in Occidente? Diceva Roland Barthes che
davanti alle opere darte, quelle vere, lunica cosa che puoi dire
è che sono belle. E aggiungeva che le parole, anche i concetti più
articolati e profondi, risultano sempre delle approssimazioni. Non gli si può
dare torto. Basta vedere certe immagini di Giotto. La scena della Natività
nella Cappella degli Scrovegni a Padova ad esempio, il particolare della nascita
di Gesù. Come si può spiegare quellintensità nei
gesti, quello sguardo una tenerezza struggente Si tratta di un capolavoro. Proprio
come quello che sta venendo alla luce in una delle più note chiese romane:
"Santa Maria in Aracoeli", in Campidoglio. Qui, in questa splendida
chiesa francescana, per secoli cuore della vita cittadina di Roma, in quella
che sembrava la cappella più modesta, dedicata a san Pasquale Baylon,
e che fino a ieri era dominata dal dipinto di un pittore spagnolo della seconda
metà del Seicento, è stato ritrovato un affresco della fine del
Duecento. Una Madonna col Bambino tra i santi Giovanni Battista e Giovanni Evangelista
che rifulgono ancora per loro purissimo che fu steso sulle aurèole
rialzate delle sacre figure. Più in là una figura di Cristo accompagnato
da angeli e da san Pietro, ed ancora dei festoni sorretti da putti alati, la
torre di una città perfettamente scorciata, di colore rosso, del tutto
analoga ad una presente nella Basilica Superiore di Assisi. Sono solo frammenti,
appena un quindicesimo del totale, di un grande affresco che ricopre interamente
le pareti della cappella e che è ancora nascosto sotto le ridipinture
e gli stucchi. Ma questi primi Frammenti, giunti a noi in condizioni quasi perfette,
già bastano a far ritenere che si tratta di unopera eccelsa del
nostro Medioevo. La scoperta è recente. Il giovane studioso, esperto
di pittura romana del Duecento, cui va il merito di questo importante ritrovamento,
è Tommaso Strinati, figlio di Claudio Strinati, soprintendente ai Beni
storici e artistici di Roma. Allinizio di aprile, Strinati, coadiuvato
da Claudia Tempesta, responsabile dei restauri alla chiesa dellAracoeli,
e da Marina Righetti, direttrice della scuola di specializzazione in Storia
dellarte medioevale e moderna dellUniversità La Sapienza
di Roma, ha iniziato ad investigare su alcune cappelle della navata destra dellAracoeli,e
sul transetto dove è attestato che lavorò un grande pittore romano
di fine Duecento, Pietro Cavallini, del cui lavoro
sono rimaste poche tracce, e di cui è andato completamente distrutto
laffresco absidale demolito nel Cinquecento. Gli studiosi si sono soffermati
sullultima cappella della navata destra dove si ritiene possibile un intervento
di Arnolfo di Cambio e dove trentanni fa erano già stati fatti
dei saggi di restauro. Quei saggi rilevarono la presenza di una decorazione
in affresco di epoca medioevale, ma i lavori non furono proseguiti. Alla fine
dello scorso luglio la scoperta, dietro la tela daltare, della Madonna
col Bambino. Strinati, seppure con grandiSSima cautela, ha già espresso
delle ipotesi a riguardo. «Il soggetto mariano che lascia supporre un
ciclo di affreschi dedicato alla Madonna» afferma, «credo rappresenti
una dormitio Virginis. La tecnica pittorica, la tessitura cromatica con la quale
è eseguito laffresco, mi riferisco soprattutto al volto del Bambino,
caratterizzato da una fortissima presenza plastica, fa ritenere possibile la
mano di un pittore di strettissimo ambito romano, cavalliniano forse, per le
forti analogie sia con le figure dipinte da Pietro Cavallini nella Basilica
di Santa Cecilia in Trastèvere, sia con il grande anonimo detto il Maestro
dIsacco nella Basilica Superiore di Assisi; e ritengo non azzardata, anche
se prematura, una datazione agli inizi del 1290». «Le pitture»,
aggiunge inoltre, «per la loro ricchezza, lasciano supporre un patronato
gentilizio, ad esempio dei Colonna. Ci vorranno tuttavia alcuni anni prima di
riportare alla luce lintera decorazione e quindi formulare plausibili
risposte». Ma se i lavori sono appena cominciati, la discussione è
già aperta. Con tutti i dibattiti e le polemiche del caso. L8 novembre
si sono riuniti allAracoeli gli esperti in occasione della presentazione
ufficiale del ritrovamento presieduta dal ministro dei Beni culturali Giovanna
Melandri. Già, perché queste prime tracce riemerse dal nero scatolone
del tempo mostrando strette analogie con le Storie di san Francesco ad Assisi,
vanno a toccare un campo minato, il vero casus belli per eccellenza della storia
dellarte. Da circa un secolo, infatti, due fazioni, la scuola di pensiero
toscana e quella romana, si combattono sostenendo, una, che il suo autore è
Giotto e quindi che la nuova lingua dellarte italiana nasce a Firenze,
laltra, che il suo autore è un pittore romano, e quindi quella
stessa nuova lingua nasce a Roma a partire dal grande anonimo detto il Maestro
dIsacco, dalle scene di quel suo soggetto che restano nella Basilica Superiore
di Assisi. Casus belli che proprio in questi ultimi anni, dopo la scoperta a
Roma degli affreschi del Sancta Sanctorum con le tesi avanzate dalla storica
dellarte Angiola Maria Romanini e soprattutto dopo gli ultimi studi compiuti
da Bruno Zanardi e Federico Zeri sulle Storie di san Francesco ad Assisi, ha
visto riaccendersi la battaglia. Ma non si tratta solo di dispute specialistiche.
Non si tratta solo di andare ad aggiungere un nuovo capitolo alla storia dellarte,
bensì di scompaginare totalmente tutta una visione, una lettura che da
secoli, a partire dal Vasari, vede in Giotto il primo indiscusso inventore del
nuovo moderno linguaggio della pittura occidentale, il faro isolato della rinascita
italiana. Se sarà dunque accreditata la datazione antecedente agli affreschi
delle Storie di San Francesco ad Assisi, e se vi sarà riconosciuta la
mano di un pittore romano come Pietro Cavallini, il primato di Giotto non sarà
più tale. E non sarà Firenze ma Roma a detenere questo primato.
«Purtroppo, della pittura romana, della scuola romana di quel periodo
si conosce pochissimo» spiega Strinati. «Eppure dal 1250 al 1300
Roma assiste ad una stagione che deve esser stata straordinaria. Basta pensare
che nellarco di un ventennio vengono rifatte le decorazioni di tutte e
quattro le basiliche patriarcali e di tutte le più importanti chiese
di Roma. Cantieri enormi in cui lavoravano decine di maestranze, delle quali
non sappiamo nulla o quasi. Di alcuni pittori come Filippo Rusuti, Jacopo Torriti,
Pietro Cavallini non si conoscono che poche opere. Perché se della pittura
di Giotto moltissimo si è conservato, anche se si tratta di opere posteriori
alla leggenda francescana, della pittura romana di fine Duecento, contemporanea
al ciclo francescano, non è rimasto quasi nulla». Secoli di renovationes
Urbis uniti a qualche disastro, come lincendio che ha demolito la Basilica
di San Paolo, hanno infatti provocato la distruzione di chilometri quadrati
di mosaici e affreschi, lo smembramento di centinaia di monumenti e la manomissione
fino alla cancellazione di decine e decine di architetture. Vale a dire la sostanziale
cancellazione dellimmenso cantiere di architettura, scultura e pittura
che fu Roma alla fine del Duecento, alla vigilia del primo Giubileo del 1300
indetto da Bonifacio VIII, dove vengono a lavorare decine e decine di artisti
e dove convergono anche noti maestri toscani tra cui Cimabue, Arnolfo di Cambio
e Giotto. Da qui soprattutto lestrema importanza e rarità di questo
ritrovamento. Potranno, dunque, questi affreschi, che rimettono con forza laccento
sulla questione romana, far luce su quella grande stagione pittorica che si
è espressa a Roma alla fine del Duecento? Potranno far chiarezza su quegli
stretti legami che uniscono Roma ad Assisi? E non sarà proprio lAracoeli
un laboratorio avanguardistico dove si incontrano maestranze toscane e romane
sviluppando quelle soluzioni che si ritroveranno ad Assisi? E non sarà
Cavallini il maestro di Giotto, il pittore romano dal quale Giotto impara a
dipingere figure di straordinario realismo? Tutte domande che forse potranno
trovare una risposta anche dalla definitiva riscoperta del ciclo completo degli
affreschi dellAracoeli, augurando che non valga, almeno in questo caso,
quanto diceva Socrate: «I prodotti della pittura ci stanno davanti come
se vivessero, ma se li interroghi, mantengono un maestoso silenzio». "La
chiesa di Santa Cecilia in Trastèvere" . Difficilmente si
potrebbero trovare chiese medievali in Roma più rilevanti per capolavori
d'arte di questa bellissima chiesa trasteverina. La vicenda del martirio di
Cecilia, nobile romana, è notissima, e rammemorata dalla scultura di
Stefano Maderno sotto l'altar maggiore di cui diremo oltre. La basilica sorge
sulle fondamenta di una casa romana, tuttora visibile, che la tradizione vuole
essere quella della famiglia di Cecilia, e che scavi recentissimi hanno rivelato
essere stata prestissimo adibita al culto cristiano, con tracce di un raro fonte
battesimale, il che testimonia dell'importanza del luogo di culto cristiano
fin dalla tarda antichità, luogo di culto la cui prima menzione risale
peraltro al 499. La costruzione della basilica ancor oggi visibile è
opera di Pasquale I (817-824), che la fece splendidamente decorare, mentre il
portico, il campanile e una parte del convento sono opera di Pasquale II (1099-1118).
Una seconda, ricca fase decorativa dell'edificio si ebbe intorno al 1290, con
gli affreschi di Pietro Cavallini e il ciborio di Arnolfo di Cambio. Ulteriori
restauri si ebbero nel quattrocento e nel cinquecento, oltre al ritrovamento
sensazionale all'epoca, del corpo della santa nel 1599, su cui ci soffermeremo
più avanti. Una forte modifica dell'interno fu effettuata nel 1724, ma
soprattutto lasciò il segno l'intervento del 1823, quando le colonne
delle navate, per motivi statici, furono racchiuse in pilastri in muratura,
alterandogli equilibri spaziali dell'interno. A cavallo fra l'ottocento e il
novecento scavi e restauri hanno rimesso in luce la casa romana sottostante
e gli affreschi del Cavallini. Sulla piazza di Santa Cecilia si affaccia il
monumentale ingresso settecentesco al quadriportico, dubbiosamente attribuito
a Ferdinando Fuga; il quadriportico originario di accesso alla chiesa è
in realtà oggi un bel giardino al centro del quale è stato collocato
un grande vaso romano. Gli edifici sui due lati del giardino sono occupati a
destra da un monastero di suore francescane, a sinistra da un monastero di benedettine,
alle quali è affidata la basilica di Santa Cecilia. Il portico della
chiesa conserva sull'architrave un fregio musivo del XII secolo riccamente policromo,
dove sono raffigurate tra l'altro Santa Cecilia e altri santi e sante. Sotto
il portico molti monumenti funebri, tra cui spicca quello del cardinale Paolo
Emilio Sfondrati (m. 1618), opera di Girolamo Rainaldi, le cui sculture furono
eseguite su disegno di Pietro Bernini, padre di Gian Lorenzo. L'interno è
a tre navate di cui quella centrale particolarmente spaziosa e luminosa, separata
da quelle laterali dai pilastri che, come detto, racchiudono le colonne antiche,
intervento ottocentesco che per altro si intona con la sistemazione settecentesca,
sopratutto della volta, al cui centro è l'affresco con l'Incoronazione
di Santa Cecilia, eseguito da Sebastiano Conca nel 1725. La navata è
separata dal presbiterio da una splendida balaustra composta da marmi pregiati,
del 1600 circa. Oltre questa, il celeberrimo ciborio, capolavoro d'arte gotica,
opera di Arnolfo di Cambio, su cui è stata ritrovata la firma dell'artista
e la data del 1293. Sotto l'altare, il sepolcro di Santa Cecilia con la statua
della santa, opera di Stefano Maderno, che ne ritrasse il corpo così
come era stato ritrovato al momento degli scavi effettuati nel 1599, fatto che
produsse un enorme clamore. La santa, con il profondo taglio sul collo eseguito
dal carnefice e al quale sopravvisse tre giorni, accenna con le dita delle mani
al mistero della Trinità. Nel catino absidale è conservato il
mosaico dell'epoca di Pasquale I raffigurante il Redentore benedicente con,
a sinistra, i Santissimi Paolo e Cecilia, e Pasquale I (che sulla testa porta
il nimbo quadrato, a significare che era in vita al momento dell'esecuzione
del mosaico, e reca nelle mani il modellino della chiesa in offerta); a destra
i Santissimi Pietro, Valeriano e Agata. La basilica, nelle navate laterali e
nelle cappelle, è ricca di numerose altre opere d'arte, tra cui, a destra,
nell'ambiente del calidarium, dove Santa Cecilia, secondo la tradizione fu esposta
ai vapori bollenti prima della decollazione, due opere di Guido Reni, i Santissimi
Valeriano e Cecilia, e, sull'altare, la Decollazione della santa; sempre a destra,
la quattrocentesca cappella dei Ponziani, la settecentesca cappella delle reliquie,
opera del Vanvitelli, e una cappella col monumento funebre del cardinale Rampolla
del Tìndaro, scenografica composizione (1929). Dalla navata sinistra
si può accedere al chiostro romanico (XII secolo) del convento, e salire
al coro delle Monache, che corrisponde al sottostante vestibolo interno, dove
nell'anno 1900 è stato riscoperto il Giudizio universale di Pietro Cavallini,
massimo capolavoro della pittura medievale romana, eseguito intorno al 1293,
e che si situa nel momento di passaggio tra la grande tradizione bizantina e
la nascita della pittura "moderna" ad opera di Giotto. L'affresco
in origine si estendeva su tutta la controfacciata della chiesa insieme ad altri
sulle pareti della navata centrale, tra le finestre e le arcate del colonnato,ora
coperti dai rifacimenti settecenteschi e di cui si può vedere l'inizio
del coro. Negli anni in cui fu ritrovato il Giudizio universale, fu scavato
l'ampio complesso archeologico sottostante, al quale si accede sempre dalla
navata sinistra, un insieme di costruzioni che vanno dalla tarda repubblica
al IV secolo Dopo Cristo, in cui rimangono tra l'altro dei pavimenti in mosaico
bianco e nero. Dagli ambienti romani si può vedere la singolare cripta
neobizantina fatta costruire dal cardinale Rampolla del Tìndaro, su progetto
dell'architetto Giovan Battista Giovenale (1901), dove, da una finestrella sopra
l'altare, sono visibili i sarcòfaghi che racchiudono i corpi di Santa
Cecilia e degli altri santi qui seppelliti. L'antistante piazza di Santa Cecilia
conserva alcune case medievali, peraltro assai pesantemente restaurate nel nostro
secolo. "San Paolo fuori le Mura": 1277-1285
Purtroppo nulla è sopravvissuto della prima attività del pittore,
che intervenne nella decorazione ad affresco di San Paolo fuori le Mura, perduta
in seguito all'incendio che nella notte tra il 15 e il 16 luglio del 1823 danneggiò
la basilica in modo gravissimo. Di tale decorazione rimangono soltanto copie
del secolo XVII, tra cui le più importanti sono quelle eseguite intorno
al 1634 per conto del cardinal Francesco Barberini, poi raccolte nel manoscritto
Barberino Latino, 4406 della Biblioteca Apostolica Vaticana. Gli affreschi,
per i quali si presuppongono due fasi (una al 1277-1279, l'altra intorno al
1285), erano disposti lungo la navata centrale su due registri sovrapposti di
ventidue riquadri ciascuno. Sulla parete sinistra erano rappresentate scene
tratte dagli Atti degli Apostoli, con particolare riguardo a episodi della vita
di San Paolo; sulla parete destra scene tratte dall'Antico Testamento; qui il
pittore seguì le tracce di un ciclo preesistente e risalente forse alla
metà del V secolo (tanto che l'intervento di Cavallini è stato
definito più un 'restauro' che un'opera originale), di cui anzi conservò
un intero riquadro, riconoscendo pertanto, con coscienza critica desueta a quei
tempi, un singolare valore a quanto rimaneva dell'antica pittura. Sotto i riquadri
si stendeva una serie di ritratti papali entro clipei, mentre in alto, tra le
finestre, erano affrescate grandi figure di apostoli e profeti. Unici frammenti
superstiti dell'originale impianto decorativo sono alcuni clipei con i busti
di pontefici, oggi staccati e conservati nella Pinacoteca della basilica ostiense.
"Santa Maria in Trastevere". Un'opera
di sicura mano dell'artista è costituita dai sei episodi a mosaico relativi
alla vita della Vergine posti sotto il catino absidale di Santa Maria in Trastevere,
nonché dallo scomparto votivo con la Madonna tra i Santissimi Paolo e
Pietro ai cui piedi è il committente, il cardinale Bertoldo Stefaneschi,
domicellus alla corte pontificia. Nello scomparto dedicatorio, ancora nel secolo
scorso, era visibile una iscrizione con il nome dell'artista e la data, così
da rendere certa l'attribuzione al Cavallini. Il ciclo inizia da sinistra sulla
parete accanto all'abside con la scena della Natività della Vergine,
per proseguire nel catino con l'Annunciazione, la Nascita di Gesù, l'Adorazione
dei Magi, la Presentazione al Tempio,la Dormitio Virginis. Ogni scena è
commentata da una iscrizione metrica. Tutta la decorazione trasteverina poggia
sull'ordine e sulla misura, sulla semplicità monumentale della composizione
e sulla sua verosimiglianza; la costruzione dell'ambientazione abbandona i modelli
bizantini e si trasforma in qualcosa di reale, fatto di architetture e di spazi
vissuti e credibili. La tecnica del mosaico tende ad adeguarsi a quella dell'affresco:
usando filari di tessere minute, Cavallini mira a ottenere la stessa fluidità
della pennellata, modulando i colori in una serie di tenuissimi trapassi che
vedono contrapporsi alle note chiare nelle emergenze plastiche quelle scure
nelle profondità delle pieghe; si tratta di un evidente richiamo alla
grande arte paleocristiana in cui la ricchezza del panneggio era il mezzo per
rendere efficacemente la presenza corporea. Sulla questione della cronologia
dell'opera, si è sempre fatto riferimento ad una data letta nel secolo
scorso dal Barbet de Jouy (1251) e corretta dal De Rossi (1291) sul pannello
votivo che fu eseguito naturalmente alla fine del lavoro. Ma anche la datazione
al 1291 non trova la critica completamente concorde ; recentemente infatti è
stata espressa l'opinione che i mosaici di Santa Maria in Trastevere debbano
essere spostati più avanti, dopo l'esecuzione degli affreschi di Santa
Cecilia in Trastevere, vale a dire tra il 1293 e il 1300. Va infine detto che
a Cavallini è stato anche attribuito (ma senza fondamento) un 'restauro'
sul volto della Madonna Regina nel mosaico della calotta absidale del secolo
XII.
"San Pietro in Vaticano". Dice Vasari:
"Costui, dunque, essendo discepolo di Giotto, et avendo con esso lavorato
nella nave di San Pietro fu il primo che dopo li illuminasse questarte
e che cominciasse a mostrar di non essere stato indegno discepolo di tanto maestro
Dice Ghiberti: e vedesi dalla parte dentro sopra le porte 4 evangelisti di sua
mano, in santo Pietro di Roma di grandissima forma ..e due figure molto eccellentemente
fatte e grandissimo rilievo, ma tiene un poco della maniera antica cioè
greca". Della vecchia basilica nulla è rimasto tranne alcuni frammenti
di mosaico che rappresentano due angeli provenienti forse dalla navicella della
basilica che Giotto, secondo il Vasari, avrebbe dovuto eseguire, "ma la
fattura è così Cavalliniana che è
comprensibile lidea che Giotto si sia servito,
non certamente di Cavallini assente da Roma, ma
forse dei suoi allievi ai quali affida le figure di contorno".
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