MORANO
CALABRO
LAMEZIA TERME
MODUGNO - FILADELFIA
ANTONIO SALMENA "Morano Calabro e le sue Case illustri"
A suo tempo, dei 12 nuovi altari della Chiesa
della Maddalena (in vista dei titoli) saranno qualificati, per patronati famigliari,
solo quelli che per tali appariranno in forza della legge Patronem faciunt,
dos. edificatio, fundus, mentre il preposito Scorza assicurò non avere
in archivio tali documenti. Per ora segno gli altari, come me li fece notare,
molti anni indietro, il vecchio canonico della Maddalena fu D. Nicola Scorza-Musitano,che
ben li ricordava tutti, prima che fossero successi altri spostamenti per collocare
le statue di marmo avute dalla chiesa del soppresso S. Bernardino e pervarie
altre ragioni. Delle 12 antiche cappelle una sola se la ritenne la chiesa per
il SS. Sacramento. La principessa D. Rosa Pignatelli ne convertì altra
a Congrega del SS. Rosario ed una terza del Purgatorio fu concessa « al
magnifico Antonio Quattrocchio, patrizio napolitano
dimorante da più anni in Morano cum domo et familia » come è
scritto nell'atto autentico del 12 Agosto 1749, con cui la dotò di ducati
250. I rimanenti nove altari furono occupati, con più o meno diritto,
dai dieci canonici della Maddalena che segno per ordine alfabetico, a scanso
d'errore, non conoscendone la situazione precisa. Furono: Carlucci D. Carlo
Celia D. Domenico Donadio D. Lucantonio e Ferraro D. Paolo
Ferraro preposito D. Diego Pandolfo D. Diego Stabile D. Nicola
Sacavaglione D. Gennaro --- Truglio D. Girolamo --- Tufarelli D. Antonio.
Questultimo canonico veramente ritenne lantico altare di sua famiglia,
fino a quando, nel 1763, lo collocò nella Sacrestia, giusto liscrizione
che ci pose ed arricchì di pingui cappellanie il bellaltare di
marmo fino. Quattrocchio
(Antonio) venne da Napoli verso il 1700.
Le ultime discendenti morirono nelle case dei loro mariti Angelini
e Salvati.
Angelini (Girolamo)
nel 1817 da Tagliacozzo
venne in Morano.
Salvati - Per le ragioni che saranno esposte credo
che fosse venuto da Saracena verso il 1700.
Da quell'epoca figura in Morano, dove prima non c'era.
Alla pag. 116 viene riportato Giuseppe Quattrocchi
nella lista dei Regi Notari nellanno 1806.
In nessun passo dei Vangeli è scritto
che Maddalena fosse una 'prostituta',
tutt'altro: dalle varie vite sulla santa scritte nei primi secoli dopo Cristo,
sembra che Maddalena nacque in una famiglia importante,
e suo padre Siro il 'Giairo'
era il sacerdote che officiava nella grande sinagoga a Cafarnao.
Uninformazione riportata da diversi autori nella quale si può supporre
ci sia una mezza verità. Nata nel 3 d.C,
sulla base di interpretazioni molto forzate sui vangeli apocrifi ma, nota importante,
nessuno riporta notizie sul matrimonio, si sposerebbe con Gesù
a 27 anni, nel 30 d.C.
Nel 33 d.C nascerebbe (dalla lettura non di vangeli ma di fonti apocrife, romanzate)
la figlia Tamar, nel 37 Gesù
il Giovane. Entrambi non seguirono (e non si spiega il motivo) la madre
nel viaggio che Maddalena avrebbe affrontato nel
44 d.C, per sfuggire alla persecuzione dei Romani,
in cui ci sarebbero stati anche Marta, Marcella,
l'apostolo Filippo, Maria Iacopa (moglie di Cleofa) e Maria Salomè (Elena).
Il luogo dove sbarcarono in Provenza
sarebbe Ratis, divenuto poi noto come Les Saintes
Maries de la Mer. Maddalena quando partì
sarebbe stata incinta di Giosuè, che sarebbe
poi nato in territorio francese. Tra i testi medievali che riportano la notizia
del viaggio 'La vita di Maria Maddalena', di Raban Maar
(776-856), 'Sainte Marie Madelaine', del frate domenicano Pere
Lacordaire, 'La légende de Sainte Marie Madelaine', la 'Legenda
Aurea' di Iacopo da Varazze o Varagine, arcivescovo
di Genova (n.1228). Il culto più attivo della Maddalena
s'insediò a Rennes-le-Chateau, nella regione
della Linguadoca, dove la chiesa a suo nome fu
consacrata nel 1059 e nel 1096.
Su questo luogo di culto e sul radicamento nella zona della figura di Maddalena,
nasce la speculazione nel 1900 su Rennes-le-Chateau e improbabili legami dinastici
sostenuti da personaggi legati ad ambigui gruppi francesi esoterici a fine di
notorietà e di lucro. Lo stesso luogo di sepoltura della donna non sarebbe
nei dintorni di Rennes-le-Chateau ma, credendo
per un attimo alla Legenda Aurea, basata
su scritti dei primi secoli dopo Cristo, a Vezelay,
in Borgogna, a sud di Auxerre,
probabilmente nella Basilica di Santa Maria Maddalena.
Gesù non avrebbe mai raggiunto Maria
Maddalena in Francia per continuare a spostarsi
in Medio Oriente fino alla sua morte per diffondere
e instaurare un nuovo ordine. Su Giuseppe, il presunto
figlio di Cristo nato
in Francia, non si hanno documenti e cronache storico-religiose del tempo per
poter affermare che da lui nacque la dinastia che sarebbe proseguita attraverso
Aminadab e successivamente nei Merovingi.
Come consuetudine medievale, gli avvenimenti storici nel tempo venivano plasmati
nelle leggende, in tradizioni locali, in testi letterari, quelli che diffonderanno
il ciclo del Graal, forma simbolica e allusiva
per tramandare la presenza di Cristo nella storia...............
RISORGIMENTO DELLA CONGREGA DEL SACRO MONTE
Anno 1836 segna appunto lepoca memorabile di questo risorgimento definitivo; gli è allora che rialzatasi completamente, brillò dellantico splendore dietro sollecitazione e consiglio di mio padre (Salmena) S.E. la principessa di Scalea, Donna Maddalena Caracciolo, dei duchi di S. Teodoro già vedova del principe Don Girolamo Spinelli, dama pia ed incomparabile, concesse per uso della Congrega del Monte la Chiesa del Purgatorio, ed a 20 marzo 1836 si addivenne alla presa di possesso previa sovrana approvazione. Si trasferì la Congrega dalla chiesa di S. Pietro a quella del Purgatorio, antica sede della Congrega dei Nobili del Purgatorio. Quando precisamente, come e perché cominciò a regolarizzarsi la Congrega, ed avere la tabella con tutti i 24 laici, come c'entrarono molti della Maddalena, tutte persone qualificate, non posso dirlo. So che nel novero non fu compreso alcun filiale di S.Nicola e questo prova l'equità di ripartizione. Rendiamo però un tributo d'onore a questi 24 fratelli che cominciarono a migliorare la Congrega, e ce ne lasciarono l'Unico Libro, di cui alla prima pagina sta la tabella che copio volentieri per ricordarne i venerati nomi: 1836 - « Dottor D.Fedele Scorza priore D. Felice Antonio Barletta 1" assistente Dottor fisico D. Carlo Ferrari 2" assistente Notaro D. Giuseppe Quattrocchi Cassiere D. Pietro Lo Tufo Segretario: D. Antonio de Roseti dottore in diritto D. Giovanni maggiore de Cardona D. Raffaele de Filippis chimico e ricevitore del registro D. Antonio Ferrari legale D. Diego Lanzetta dottore in diritto D. Pasquale Morelli agrimensore D. Raffaele Cinque dottor fisico D. Gennaro Laitano dottor fisico D. Bernardino Scorza notaro D. Giacinto Ferraro legale Questi quindici della Maddalena D. Leonardo Rocco dottore in diritto D. Fedele Rizzo legale D. Domenico Capalbi D. Nicola Coscia legale D. Matteo Coscia D. Francesco Saverio Pizzo Signor Francesco Marrone Signor Damiano Pugliese Signor Francesco Donadio Questi nove di S. Pietro. Nessuno di S. Nicola. Oltre ai 24 fratelli ve n'erano due altri, cioè: Filippo Giordano ed Antonio Schifino anche di S. Pietro , che avevano titolo, funzione e salario di fratelli serventi. Servivano la Congrega ed il priore ed avvisavano i fratelli in ogni occorrenza e li andavano a svegliare ad uno ad uno (con la toccola) nella mezzanotte del Giovedì Santo perché si recassero alla processione , uso che si è mantenuto fino ad epoca recente. Però questi due pretendevano esser chiamati fratelli del Monte, non fratelli serventi, ed ardivano dare anche il voto nelle deliberazioni che firmavano.
PRIORE GIUSEPPE QUATTROCCHI
Allora ricomparvero i Principi nel nobile sodalizio, e con deliberazione del 27 marzo 1836, furono ammessi ad unanimità come fratelli, sua eccellenza il principe di Scordia Don Pietro Lanza consorte della Principessa Donna Eleonora Spinelli unica erede della illustre casa Scalea, nonché i due figli D. Giuseppe e D. Francesco, di cui vive solo l'attuale principe della Scalea. Con altra deliberazione dell'aprile 1842, per gratitudine, il principe fu nominato priore onorario perpetuo, onorificenza che, per quanto io sappia, anticamente non si era accordata ad altro principe. Tutte le nomine furono accolte dai signori suddetti con isquisita cortesia, come appare dalle loro letteredi ringraziamento. La Congrega andava facendo ogni giorno nuovi progressi verso il miglioramento nella sua nuova sede. Vi appartenevano i tre principi, i tre parrochi e molti signori del paese; quando a 28 gennaio 1845, sulla proposta del signor Priore D. Giuseppe Quattrocchi, ebbi anch'io l'onore di esser nominato fratello ad unanimità di voti, di che vado orgoglioso, e serberò grata memoria agli elettori.
LA CONGREGA DI SANTA MARIA DELLI SUFFRAGI ALLE ANIME SANTE DEL PURGATORIO
Che la Congrega
di tutti i nobili fu antichissima, l'attesterebbe il suo troppo lungo titolo
: « Santa Maria delli suffragi alle anime Sante del Purgatorio »
ed anche perché il Titolo del Purgatorio
fu comune alle più antiche Congreghe dei nobili in molte cospicue città.
Ci è pure altro argomento più forte.
La chiesa del Purgatorio o della SS.
Annunziata al basso del paese « fuori dell'abitato » pare
fosse fondata dai nobili prima del secolo XII, prima cioè d'introdursi
il riprovevole uso di tumulare i cadaveri nelle chiese dell abitato, come
dissero Sanchez ed Eugenio. Nel secolo XVI dovunque crebbe l'albagia dei nobili,
come la presunzione dei popolani che aspiravano a nobilitarsi. Abbiamo visto
che cosi fu nella città di Gaeta, Cosenza e Napoli, che anzi Napoli
ne diede l'esempio. Abbiamo visto pure che nel 1627
a Morano, nientemeno che 83
famiglie, nel tempo delle generali rivolte, si ascrissero alla numerata
tabella dei 24 gentiluomini ! Prima del secolo
XVI si ammettevano nei seggi tutti i nobili di qualunque grado, ed anche qualche
nobile vivente, per essersi imparentato coi nobili, o per altra buona ragione.
Il rigore per l'ammissione ai Seggi di Napoli
cominciò da quelli di Capuano e Nido,
col secolo XVI. Da quel tempo, ad esempio di Napoli,
anche nelle città di provincia, si rifiutò l'ammissione indistinta
dei nobili, al seggio, alla Congrega ed alla stessa
tomba. A Napoli non s'ammisero più che quelli
i quali potevano vantare i quattro quarti di nobiltà, di nome e di arme,
previa la prova rigorosa e la piena votazione. Nelle città di provincia
se non si poteva pretendere precisamente lo stesso, si stabilì che i
nuovi aspiranti per essere aggregati, dovessero essere patrizi antichi, gentiluomini
distinti o dottori in leggi di gran merito.
Questi Signori, questi Patrizi,
questi Gentiluomini, che si appellavano Magnifici,
vollero formare una categoria ben distinta da quella degli inferiori, che si
chiamavano Nobili. Oggi qualcuno crede che la voce
nobile stava allapice; ma essa, invece, aveva un valore relativo (Tutini,
De Luca, Giannone e molti altri) cioè quando al patrizio spettava e davasi
il titolo di Magnifico. A Morano questa distinzione
di epiteti ci fu sempre e perdurò fino a quando cadde in disuso il Magnifico
e venne adottata la voce Signore sia
per il Patrizio che per il Nobile
e il Borghese.
STORIA DELLE FAMIGLIE CHE VENNERO DA FUORI MORANO
Ora occupiamoci a studiare la questione per
quanto riguardava Morano in particolare, che, come osservammo ripetutamente,
godeva privilegi ed immunità speciali. Nella ridotta platea o inventario
fatto nel 1546 dal magnifico Sebastiano della Valle, regio commissario dell'imperatore
Carlo V per la reintegra di questo feudo a favore ed a richiesta di Don Pietro
Antonio Sanseverino, principe di Bisignano, troviamo quanto ci occorre sapere.
Nell'inventario sono nettamente specificati tutti i beni e tutti i diritti feudali
dell'utile signore, come del pari si trovano registrate le immunità ed
i privilegi dei cittadini e dell'Università di Morano, riferendosi in
tutto alla platea del 1400 ed al diploma di Federico. Il romanziere Mastriani
scrive che; « il feudatario fino al 1799, anzi fino alla venuta di Giuseppe
Bonaparte nel 1805, poteva essere tre volte più despota di un re, e quattro
volte più crudele di un bigotto. Esorbitanti e scelleratissimi erano
i diritti baronali che arrivavano a 1395. Se l'illustre scrittore non avesse
citato Davide Winspeare, che può consultarsi la sua asserzione avrebbe
potuto non aver altro peso che quella del romanziere. Con tutta serietà
disse lo stesso Colletta! A Morano nulla si vide
di tutto questo, nessun dritto ebbe il feudatario sopra i vassalli, esorbitante
e scelleratissimo. Ne fanno fede il gran numero di signori che in tutti i tempi
quivi fissarono loro stanza, appunto per sottrarsi alle molestie dei feudatarii
dei loro paesi. Non parlo dei Salimbeni provenienti dalla libera città,
perché arrivarono prima che ci fosse Spinelli e Sanseverino, ma di tanti
altri come Tofarello, De Pizzo, De Leo, Gaetani, Campolongo, Ricco, Miromaldo,
Riccher De Cristofaro, Cavalcante, Quatrino, Quattrocchio,
ecc, Confermano la verità di questo fatto, più d'ogni altra cosa.
LA NOSTRA CHIESA DEL PRIMO SECOLO
Morano va superba per aver inalberato il glorioso vessillo del SS. Redentore, fin dal 56° anno, quando moltissime città, attualmente rinomate, non esistevano ancora. Tutti concordano nell'asseverare che proprio nel 56° anno dell'era corrente, Morano abbracciasse la fede in seguito alla predicazione di Stefano di Nicea, discepolo di S. Paolo. Solo è permesso credere che fosse stato qualche anno dopo, mentre la storia dice che l'istesso S. Paolo sbarcò a Reggio nel 60° anno. Ad ogni modo, come Taranto e Reggio, città rinomate, Morano, fra Cossa e Thebe, città non oscure, fu sollecita ad abbracciare la fede di Gesù Cristo, al pari delle Calabrie, le quali in ciò forse non furono seconde ad altre regioni. Gli Apostoli ed i discepoli ebbero di mira di convertire prima le citta cospicue, ed in ciò abbiamo altra prova dell'importanza di Morano a quei tempi, come Taranto, Reggio, Cossa e Thebe, tutte rinomate città. Si aggiunge che fu costume degli Apostoli e dei di loro discepoli lasciare, in ogni città convertita, un vescovo per reggere la chiesa, fare le ordinazioni e la propaganda. È provato che nel 342 vi risiedeva tuttavia quel Lucianus Episcopus Muranensis che votò al Concilio Romano, tenuto sotto Giulio Papa, per l'assoluzione di S. Attanagio, come riportato da Antonio Pagi ed Arrigo Valesio nelle note al Cardinal Baronio. Quando Morano cessasse di avere il Vescovo non si sa precisare; ma fu certo allorché si restrinsero le Diocesi. Ne' la privazione fece onta a questa chiesa, la quale restò con gli onori di Collegiata, mentre è noto nella storia della Chiesa che così non praticossi con tutte le altre. I Parroci di Morano infatti serbano ancora alcune insegne da Prelato, ed i Canonici, gli armuccini come quelli della Cattedrale di Napoli. Come riportato da Giannone, nell' Istoria Civile del Regno di Napoli, dice non esservi villaggio, il quale non pretenda che la sua chiesa. sia stata fondata da S. Pietro. Per Morano però non siamo in questo caso, giacché, se tutti affermano che la prima nostra chiesa fu fondata nel 56° anno da S. Stefano, nessuno ardì contrastarlo, neppure quando le attuali tre chiese parrocchiali, litigandosi per secoli la precedenza, non trascurarono arma alcuna per combattersi l'un l'altra; anzi la gran lite verteva appunto sul diritto di successione a quella prima chiesa. La storia dice che S. Paolo sbarcò a Reggio; vi si trattenne un solo giorno e predicò nella pubblica piazza; quivi fece strepitoso miracolo, e vi fondò la prima chiesa che affidò ad un Vescovo. Narra pure la storia che S.Pietro, arrivato a Taranto, senza perder tempo, si presentò alla fontana, dove era accolta moltissima gente, e per avere occasione di predicare, bevve senza adorare l'Idolo, giusta l'uso del paese. Ne nacque perciò quel chiasso che aveva preveduto; predicò con successo, e quivi all'istante i convertiti Tarantini, ad insinuazione dell'Apostolo, fondarono la prima chiesa retta da un Vescovo. Ciò dimostra, che, come era regolare, gli Apostoli ed i discepoli, dovendo predicare alle popolazioni e convertirle, sceglievano le città grandi ed i punti più popolati di esse. Predicavano alle turbe e facevano miracoli; ne seguiva la conversione ed il fervore, e nello stesso sito ove aveva avuto luogo la predica sorgeva una chiesa fatta alla meglio in brevissimo tempo e con la minima spesa, e se ne affidava la cura al Vescovo. Dove predicasse S. Stefano in Morano, non si sa; ma la prima chiesa, ancora esistente, ci accerta che predicasse anche esso nella piazza, a piccola distanza dalla stessa chiesa. Non voglio darmi l'aria di decidere su due piedi la questione, ma se è presumibile che S. Stefano predicasse in piazza e che la chiesa sorgesse nelle vicinanze di essa, esaminando i caratteri della stessa, la ravviseremo proprio per quella del primo secolo, antica sede vescovile. L'antichissima Morano era compresa per intero fra le robuste mura, e contava una popolazione relativamente assai più numerosa di quello che non lo sia oggi. Il Submuranum era sito sotto le mura, e quanto dell'attuale abitato si vede oggi verso la Maddalena, colà surse dopo il 1208, quando le Orde Sassoni danneggiarono l'intera città e distrussero il Mezzomorano, che fu abbandonato. Ora, in una città ove le abitazioni si trovavano cotanto agglomerate, quale è il luogo che con maggior ragionevolezza può presumersi venisse prescelto dal discepolo Stefano per le sue prediche, se non la piazza? La piazza, il centro della città stessa e che in pari tempo offriva spazio sufficiente al pubblico. Quindi, o la chiesa che ne surse fu S. Maria delle Grazie là vicina, o non avrebbe avuto Morano la chiesa nel primo secolo, ma bensì soltanto dopo il quarto secolo, quando, al tempo di Costantino, ne sursero tante e tutte maestose, mentre umilissima è la chiesetta che prendiamo ad esaminare, da tutti chiamata, per definirla, del primo secolo. Sarebbe strano, anzi assurdo, credere che dopo una predica in piazza, dopo la conversione della città, volesse fondarsi la chiesa in altro punto, specialmente all'incomoda cresta del monte o nel pericoloso bosco, due punti ugualmente distanti dal centro dell' abitato. Poco discosto dalla piazza, sotto le mura della città e proprio vicino ad esse, si trovò il sito più confacente per erigervi la chiesa di pronta attuazione senza rilevante spesa. Ebbe aspetto anzi più di grotta che di chiesa. Tre lati sono scavati nella roccia e la sola prospettiva rimane scoperta verso oriente, requisito richiesto dai sacri canoni, non però assoluto, come lesempio delle chiese di Roma o di altre città. Questa chiesetta in tutto ci rivela la sua antichità; spiega la sua portentosa durata dal primo secolo fino al XIX il durissimo materiale, lottimo nostro cemento e la base fatta su macigno.
La Chiesa segreta del Santo Graal
Per secoli la Chiesa segreta del Santo Graal
ha cercato di mantenere viva laltra versione del cristianesimo diffondendo
le loro credenze attraverso larte, la scultura e la letteratura dellEuropa
occidentale, sottraendosi così al potente braccio dellInquisizione.
Il libro The Lost Language of Symbolism di Harold Bayley, pubblicato per la
prima volta nel 1912, spiega i simboli e gli emblemi diffusi in quel periodo
in Europa.La lancia e il calice. Bayley ritiene che il glifo AV, significhi
Ave Millenium. La lettera M che si trova allinterno del simbolo
potrebbe anche indicare il nome di Maria. La lettera ? è il simbolo archetipo
del principio maschile, la lancia, e la lettera V, il suo uguale opposto, è
invece larchetipo del principio femminile, il calice. Questo simbolo è
raddoppiato nella figura simbolica del compasso e della squadra della moderna
massoneria, che un tempo si basava sulle speranze medievali del Millennio di
pace. Bayley nel corso della sua indagine ha trovato anche una serie di disegni
raffiguranti corone elaborate che recano impressi i contorni della lettera M
. In tutto il sistema simbolico ed iconografico conosciuto, i simboli della
Lama e del Calice sono quelli più semplici e diffusi.Nelle varie leggende
sulla discendenza reale, il Graal, collegato a
Maria Maddalena, impersonifica lutero, ovvero
il ventre, entro il quale il sangue di Cristo si è tramandato, mentre
la lancia, con la quale il centurione romano trafisse il costato di Gesù,
rappresenta simbolicamente lostilità dellimperatore che,
insieme alla società religiosa, non accettavano lesistenza di questa
stirpe regale. Un messia che, allo stesso tempo, fosse stato re e sacerdote
infastidiva entrambe le fazioni. Dunque ogni accostamento dei simboli del Calice
e della Lama sono unallusione esoterica allunione divina tra Gesù
e Maria Maddalena, ed alla loro presunta discendenza. Questi due simboli medievali
del Graal sembrano avere delle analogie con i principi dellalchimia che
sono stati rinvenuti dei documenti scritti dei vecchi maestri spirituali. Gli
alchimisti erano alla ricerca di un metodo per trasformare il piombo in oro
attraverso processi chimici, e i simboli dei metalli usati in questi scritti
furono un deliberato pretesto o un gesto di facciata, escogitato
per depistare i non iniziati. IL
POTERE DEI SIMBOLI NELLA STORIA.Pdf
ELENCO Delle sole Famiglie di cui potrò parlare nel Terzo Stato.
Angelini (Girolamo) nel 1817
da Tagliacozzo venne in Morano.
Arcidiacono (Agostino) venne da Cassano verso il 1803.
Aronne Lo Tufo, Aronne Serranù.
Barletta Berardi. Barletta Massaro e Barletta, domiciliato in Amendolara, da
un secolo, sono tre case dello stesso ceppo e probabilmente discendono dal medico
Giacomo che viveva nel 1610. Blando. Berardi Saraceni e Berardi Milanese, sono
i soli rami che discendono da Lelio
e Lucrezia d'Aronne che vivevano ancora nel 1697.
Blotta: vi sono diverse famiglie di questo cognome.
Bruno. Diverse famiglie portano questo cognome.
Buonafede (Francesco) venne da Saracena verso il 1700, e poco dopo scomparve
questo casato .(Estinti)
Capalbi (Costantino) venne da Laino verso il 1770.
Cappelli (Lucio) venne da Castrovillari nel 1841.
Carlucci (Carlo) venne da Viggianello verso il 1700. Ora n'esistono in Morano
diversi rami. Caldarella (Estinti).
Cardone. Diverse famiglie portano questo cognome.
Cavalcante (Ottavio) venne verso il 1720 probabilmente da Cosenza. Fu Sindaco
nel 1761 e nello stesso secolo spari questo cognome da Morano.
Cinque (Giovanni e Nicola) vennero da Pasitano verso il 1760.
Cirone. Ora è aperta in Roma una casa dal cavaliere Fedele.
Coscia (Matteo) venne da Scalea verso il 1770. Ora, oltre alla casa di Morano,
ce n' è altra in America.
Cozza Mainieri, è probabilmente la discendenza di Giovanni notaro esercente
nel 1614.
D'Ajello d'Amato d'Aronne d'Attana de Cristoforo, de De Laurensis, sono casati
tutti spariti da Morano . (Estinti)
De Cardona. Al presente quattro famiglie portano questo cognome, tra fratelli
e cugini.
De Cataldo (Estinti)
De Leone e Leoni probabilmente tutti discendono da quel letterato che venne
da Mormanno verso il 1530 ed anche nella presente generazionei nomi di Giacobbe
ed Antonio ricordano quell'antenato.
De Lucca (Gregorio) venne da Saracena nel 1700; ma quella casa era un ramo dell'antica
estinta in Morano . (Estinti)
Di Minco .(Estinti)
De Vecchi . (Estinti)
Di Noja Ora sono più famiglie tra fratelli e cugini ; e tutte discendono
dal medico rinomato e dal distinto filosofo che vivevano alla metà del
secolo passato.
De Filippo e deFilippis, come promiscuamente si scrisse anche nei secoli passati.
I rami di Morano e quelli di Saracena hanno un solo capostipite, probabilmente
il Giuseppe, notaro esercente nel 1681.
Donadio. Sono moltissime le famiglie e le diramazioni che portano questo cognome.
Una è passata in Orsomarso e precisamente quella del fu Francesco.
Faillace. Una delle tante case del cognome è passata in Bonifati con
l'ex-Giudice Domenico.
Ferraro o de Ferrano, per essere una delle famiglie notate alla pagina 136,
non dovrebbe entrare in questa categoria ; ma debbo ancora parlarne per distinguere
oltre alle antiche case Ferraro d'Erasio, Ferraro Casale e Ferraro d'Altissima,
anche le varie che oggi si distinguono e discendono dal quondam Sallustio e
dal quondam Giacinto.
Filomena quondam Diego. La linea diretta di questa casa era già estinta
nel 1735. S' estinse pure il ramo Filomena Salmena proveniente dal ramo quondam
Minico del 1580 della Maddalena, di cui è parola altrove.
Frasca oggi rappresentata da Frasca Salvati e da Frasca Girone.
Fosso (Comincio) venne da Napoli nel 1860.
Gesù. Di questa casa fu il rinomato predicatore P. Bonaventura da Morano,
provinciale dei Riformati, e Francesco attuale ufficiale postale in Cosenza.
Gemoli (Francesco) Venne da Montalto verso il 1810 (Estinti).
Greco (Francesco) anche da Montalto venne verso il 1850.
Guaragna quondam Andrea (Estinti) e Guaragna quondam Carlo, discendono egualmente
da Giuseppe e Lucrezia Romano coniugi, che vivevano ancora nel 1613 alla Strada
Ferrosanto. Guaragna (Biagio) venne da Saracena verso il 1800.
Guida. Sono due case diverse che ebbero comune lo stipite, quella in cui figura
D. Nicola professore in Napoli, oggi in America, e quella del canonico D. Antonio.
Lafroscia (Estinti)
Laitano Mascaro.
Lanzetta con la De Cardona (Estinti).
Lauria. Sono probabilmente quelli che ebbero origine da Castrovillari.
Lo Tufo. È tradizione di questa famiglia che il capostipite dei suoi
diversi rami fosse venuto da Capua.
Maini eri Frasca ed altre famiglie del troppo esteso cognome Mainieri.
Marzano quondam Leone.
Medaglia, cognome anche esso molto esteso.
Miceli (Gregorio) venne da fuori (Estinti).
Massaro. Questa famiglia venne da Genova verso il 1700. Se ne contano oggi tre
case Massaro Barletta fu Giuseppe,
Massaro Donato e Massaro Barletta pure, o fu Francesco Antonio con la Greco.
Moliterno quondam Andrea venuto da fuori (Estinti).
Morelli fu Antonio o Morelli Biotta e Morelli fu Pasquale o Morelli-Rizzo hanno
il medesimo capostipite; probabilmente in Michelangelo, notaro esercente nel
1699.
Nepita. Venne da Castrovillari (Estinti).
Palazzi (Francesco) venne da Rogliano nel 1803. Ora di questi Palazzi Cristofaro
ce ne sono a Morano , Napoli, Cassano ed America con famiglie.
Pandolfo. Il ramo distinto di questo casato, verso il 1750, passò in
Mormanno, dove continua a vivere con decoro. Era precisamente la casa del preposito
D. Diego, del magnifico Giuseppe dottor fisico e di D. Anna, la quale sposò
il magnifico Francesco Salmena del ramo di Minico del 1580 (Estinti)
Perrone. Quei Perroni che tanto figurarono per gli uomini dotti ed illustri,
o nascevano da quel letterato che venne in Morano verso il 1530, o da quel Francesco
Perrone, anche di Mormanno che, verso il 1680 sposatasi Beatrice Salimbena ramo
di Minico, si restò in Morano (Estinti).
Pianelli (Giuseppe) venne da Castrovillari verso il 1850 e ci ritornò
ultimamente con moglie moranese e figli (Estinti)
Pizzo (Nicola) venne da Misuraca verso il 1770, e nell' unico figlio Francesco
Saverio, che non ebbe prole, s'estinse questa casa del tutto diversa dall' antica
e nobile casa de' Pizzi venuta al 1500 da Fondi con il principe Sanseverino.
Ponzi. Casa ora diramata; ma l'avvocato e notare, il chimico, il giudice di
tribunale, ed il ramo di America, capi di quattro famiglie hanno il ceppo comune
nel fu Rocco.
Perfetto (Biagio) venne da Mormanno verso il 1820, ed ora è moranese
il figlio Carmelo tenente di fanteria.
Pugliese. In questa casa fu maritata l'altra figlia di Salmena Pandolfo.
Quattrocchi (Antonio) venne da Napoli
verso il 1700 (Estinti). Le Ultime discendenti morirono nelle case dei loro
mariti Angelini e Salvati.
Rescia (Rocco) è rimasto l'unico ramo distinto dopo sparito l'altro della
Strada Borgo.(Estinti)
Rizzo Cinque. Rizzo Carlucci e Rizzo Lo Tufo, sono i tre rami distinti di questo
cognome. Probabilmente tutti hanno a capostipite quel Francescantonio, notaro
esercente nel 1783, ed un altro dello stesso nome del 1670.
Rocco Rositi. È l'unico ramo esistente e che continua la discendenza
degli avi Rocco Pilusella di questo secolo, e degli altri Stefano Rocco e Virginia
Carlucci , Carlo Rocco ed Isabella Guaragna del secolo passato e del precedente.
Romeo (Francesco) venne da S. Marco e l'ultima discendente morì in casa
Vitola (Estinti).
Rositi o de Rosito, come promiscuamente si scrisse, è facile che fosse
l'antica Roseti de Lecti. Roseto. Opino che le due famiglie portanti l'agnome
Materise avessero il capostipite in un Rosito che venne da Matera. Questi sono
il Roseto- Morelli ed il Roseto-Cirone che trovasi a Londra all'istituto di
belle arti.
Ruggiero (Diego) notaro venuto da fuori .(Estinti)
Russo o de Rossi (Scipione) venne da Mormanno nel secolo XVII.
Salvati. Per le ragioni che saranno esposte
credo che fosse venuta da Saracena verso il 1700. Da quell'epoca figura in Morano,
dove prima non c'era, od almeno non la trovai.
Sanzi-Guidi. Venne da Cassano ai principii di questo secolo .Anticamente ci
era in Morano una casa Sanza .(Estinti)
Scarvaglione .(Estinti)
Scorza Moranese, o della Strada Borgo. Ai principii di questo secolo si diramò
in Scorza Rusciano linea diretta tuttora unica e Scorza Donadio suddivisa in
Scorza Aronne, Scorza Rosito, e Scorza Coscia.
Scorza "Tropeano, o della Strada Pagliarina, venne da Tropea nel secolo
passato. La diramarono Domenico ed Alessio, ed ora per l'uno e per l'altro ramo
è molto più suddivisa. Dalla discendenza di Domenico, per i figli
Carmine e Fedele che sposarono due sorelle de Cardona, nacquero dal primo il
preposito provicario, il giudice istruttore ed altri ; dal secondo il commendatore
ministro di Stato , il presidente di Q. Corte Criminale ed altri. Questo ramo
va ad estinguersi, a differenza di quello che ora ha i rami di Raimondo, Luigi
ed Achille.
Seyci famiglia passata in Amendolara .(Estinti)
Serranù Donadio.
Severino Bruno.
Stabile. Fra le tante case di questo cognome, la distinta famiglia di cui intendo
parlare, è la discendente del quondam Giovanni Aloise, notaro esercente
ancora nel 1680.
Tedeschi-Pisarri è la distinta tra varie del cognome anticamente Todisco.
La rappresentano il sacerdote R. Giuseppe , il canonico D. Gaetano ed il dottore
Raffaele fu dottor Raffaele sposato ad una Vitola.
Vitola Romeo. Discende probabilmente dal quondam Giacomo eletto del 1705 ed
è l'antica La Vitola.
Tropea . (Estinti)
Truglio . (Estinti)
Solo delle accennate famiglie so dire qualche cosa. Delle altre ne so meno o
niente, e perciò non ne fo cenno. Spero però che per le nominate
ed innominate riceverò altre notizie, degne di un'opera seria, per tenerne
conto.
DIZIONARIO TOPOGRAFICO DEI
COMUNI COMPRESI ENTRO I CONFINI NATURALI D'ITALIA
di Attilio Zuccagni-Orlandini - 1861
MORANO - (Napol.) Prov. di Calabria Cit. ; circond. di Castrovillari : mand. di Morano. Giace parte in colle e parte in una valle circondata da monti i questa città. Il suo territorio è sterile. Nella sommità vedonsi i ruderi di un castello fabbricato dai Normanni, come pure ad un miglio da Morano esistono le ruine di una città. Popol. 9397.
CONTRADA QUATTROCCHI - LAMEZIA TERME - CALABRIA
località Quattrocchie di Lamezia Terme
La detta Città si governa, con un Sindaco, e sette eletti, quali eletti e nominati nel publico Parlamento, per il Sindaco, et altri Vecchi, e nel medesimo tempo si crea il Casciero, il quale ha peso d'esigere, e pagare l'ordini .Nel 1664 il casciero era don Francesco Quattrocchio come da atto che segue
STORIA: Prima del terremoto del 1783 il nome di Filadelfia era Castelmonardo. Su questo insediamento si hanno poche notizie: riguardo alla fondazione vi sono opinioni discordanti alcuni pensano che la fondazione risalga a prima dellanno 1000 e attribuiscono questa agli abitanti della città di Crissa, altri invece credono si tratti di un presidio militare. Probabilmente il centro abitato contava allincirca quattromila abitanti, divisi secondo una stratificazione sociale che divideva i cittadini in quattro classi: gentiluomini, civili, artefici e contadini Gli abitanti del luogo usufruivano di collegamenti fluviali: molti torrenti, prima del terremoto, erano in superficie. Si sa inoltre che nel territorio di Castelmonardo vi erano dieci chiese ed un convento domenicano. Il paese era famoso, inoltre, per la possibilità, concessa da Carlo V nel 1534 di svolgere il mestiere di commerciante senza pagare alcuna tassa. I primi eventi sismici nella zona in età moderna si verificarono nel 1659: questo causò labbandono di molte case da parte di nobili e facoltosi artigiani. Il terremoto, che durò dal 5 febbraio al 29 marzo 1783 in più di duecento centri abitati della Calabria, determinò il totale abbandono del luogo e lo spostamento degli abitanti verso la poco distante zona del Piano della Gorna, dove ora sorge Filadelfia. Dopo il terremoto, che distrusse tutte le abitazioni di Castel Monardo tranne una piccola casa poco fuori dal centro abitato, gli abitanti con diritto di voto decisero allunanimità di porre la prima pietra per la costruzione di una nuova città proprio su quella casa. Ad ogni cittadino, a seconda della classe sociale, venne affidato uno spazio nella nuova città.Dopo lAssemblea dei Cittadini avvenne la cerimonia sacrale della fondazione della città: un aratro, trainato dai buoi, tracciò i confini della città, come, secondo la leggenda, a Roma. La città fu divisa in quattro aree, in seguito denominate rioni, che si possono ben identificare ancora oggi, su ognuna di queste quattro aree venne costruita una chiesa: di queste quattro chiese si parlerà successivamente. Nellultimo secolo la città è cambiata soprattutto dal punto di vista economico: in molti hanno lasciato lagricoltura in favore di altre occupazioni. Da sottolineare inoltre un grande spostamento da Filadelfia verso città più grandi e grandi centri industriali da parte di numerosi abitanti. Nel territorio del comune di Filadelfia si trovano sei chiese cattoliche e una chiesa evangelica. Il disegno iniziale della struttura urbanistica di Filadelfia prevedeva quattro chiese, nei quattro rioni, in alcune piazzette poste nei pressi della piazza principale: Piazza monsignor Serrao. Questa disposizione era stata scelta, secondo alcuni, dai massoni, che probabilmente coordinavano lopera di ricostruzione di Castel Monardo, per delineare la separazione, anche geografica, tra potere civile e potere religioso. Filadelfia, per il suo progetto iniziale, non dispone di molti edifici pubblici, sicuramente uno dei più importanti è il Palazzo del Comune, ovvero Palazzo QUATTROCCHI dove si trova, appunto, la sede del consiglio comunale e nella facciata del quale si può ammirare un grande orologio ancora funzionante. Nel territorio comunale si trovano diverse fontane: la più famosa è senza dubbio quella chiamata Ficarazza, posta poco fuori dallabitato, a nord del paese. Una leggenda narra che dalle sue tre figure scorrano lacqua delloblio, lacqua dellodio e lacqua dellamore. La fontana fu costruita intorno al 1850. Una grande parte delleconomia di Filadelfia si basa sullagricoltura, parte notevolmente più consistente prima del 1950, quando la maggior parte della popolazione abitava in case di campagna. Le principali colture locali sono di pomodori, olive (da cui, sempre nel luogo si ricava olio), patate e uva. La città non rientra certamente tra le mete turistiche privilegiate dai visitatori ma viene comunque visitata soprattutto nel periodo estivo anche da turisti stranieri per la vicinanza almar Tirreno e agli altopiani della Calabria centrale. Il flusso maggiore avviene nel mese di agosto, quando la popolazione aumenta fino a 30000 abitanti : il fatto si verifica non tanto per larrivo di turisti ma per il ritorno al paese natale di molte persone spostatesi spesso in giovane età in città più grandi.
Filadelfia Palazzo QUATTROCCHI Sede Comunale (mp3)
sito a cura di Gilberto Quattrocchio e Patrizia Prodan
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